Liz (Cassandra Magrath) e Kristy (Kestie Moratti) sono due turiste inglesi che, insieme al giovane australiano Ben (Nathan Phillips), si mettono in viaggio per visitare il famoso cratere situato nel parco Nazionale di Wolf Creek in Australia. Un guasto alla macchina impedisce ai tre di continuare e in cerca d'aiuto, incontrano il cacciatore locale Mick Taylor (John Jarratt) che si presta a soccorrerli. I tre ancora non sanno che Mick è in realtà un sadico assassino. Presentato al Festival di Cannes nel 2005 nella sezione Quinzaine des Réalisateurs e ispirato alla storia vera di Ivan Milat, il più efferato assassino della storia australiana, Wolf Creek è l'opera prima del regista Greg McLean. Ambientato nell'affascinante ma inospitale outback australiano a fine secolo, Wolf Creek costruisce fin dal principio un'atmosfera d'inquietudine: nella prima parte appare come un thriller in levarsi, il cui andamento astratto e poco concitato è tutto affidato al trio di giovani protagonisti, immersi nel deserto e nel paesaggio australiano. Wolf Creek, prima di esplodere, si prende i suoi tempi per mappare un percorso narrativo e di stile che rimane sottotraccia fino all'arrivo del personaggio dello psicotico e sadico Mick Taylor. Dall'incontro con Mick, il film abbandona i toni “calmi” del primo atto per trasformarsi in un delirio cinico e splatter da horror anni '70. Si guarda all'exploitation - precisamente al sottogenere ambientato in Australia dell'ozploitation - ma il riferimento principe a cui McLean si volta è il capostipite Non Aprite quella porta di Tobe Hooper, pur diversificandosene in una ricerca più esplicita della violenza e meno dell'orrore d'ambiente come lo era il capolavoro del 1971. Un'opera malsana e ben poco conciliante che, oltre ai toni cattivi e allucinati, deve molto al proprio antagonista Mick Taylor interpretato con ferocia da John Jarratt. Archetipo dell'australiano incolto e rozzo che però nasconde oltre a una brutalità disumana, un odio pregresso verso lo straniero e l'invasore della propria terra. Certamente Wolf Creek non è opera politica o dal sottotesto rimarchevole, ma funzionale come degna operazione di genere, diventata col tempo cult per gli appassionati.