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Al di là delle montagne

15/06/2015 10:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

Al di là delle montagne

Fengyang, 1999, l'insegnante Tao (Zhao Tao) è contesa tra due amici...

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Fengyang, 1999, l'insegnante Tao (Zhao Tao) è contesa tra due amici. Il minatore Liang (Jing Dong Liang) e l'uomo d'affari Jinsheng (Yi Zhang). Tao inizia a frequentare Jinsheng - rifiutando Liang, che decide di andarsene - e lo sposa: i due hanno un figlio di nome Dollar (Zijan Dong). Nel 2014, Tao e Jinsheng hanno divorziato e la donna, che non vede più suo figlio, torna a trovare Liang, gravemente malato. Solo la morte del nonno materno ricongiungerà madre e figlio per un breve periodo. Nel 2025, Dollar vive in Australia con il padre e non ricorda le proprie origini né il nome di sua madre.


Dopo il premio alla sceneggiatura nel 2013 per il capolavoro Il tocco del peccato, il regista cinese Jia Zhang-Ke vincitore del Leone d'Oro a Venezia nel 2006 per Still Life, torna al Festival di Cannes con il suo ottavo film, Mountains May Depart. Riprendendo la costruzione narrativa del precedente, Jia Zhang-Ke divide il suo film in tre atti narrativi ambientandoli in tempi diversi: il 1999 girato in formato 4:3, il 2014 in 1:85:1 e il 2025 in 2:35:1. Una scelta stilistica che si dimostra fin da subito un esercizio di sguardo per dare forma concreta a epoche diverse, non solo narcisismo estetico. Mountains May Depart si sviluppa come un melodramma dolce e pacato, soprattutto nella struggente prima parte ambientata nel 1999: qui la sceneggiatura accompagna i protagonisti in un triangolo amoroso che, se nelle dinamiche non innova un meccanismo ben più che rodato, riesce a sorprendere per la delicatezza del tono sempre sospeso tra il sentimento e l'emotività, senza mai sforare in retorica.


Jia Zhang-Ke si dimostra ancora un grande narratore, il cui controllo sulla materia di racconto riesce a dipanarsi per tutta la durata dell'opera e trovare il giusto equilibrio nella tripartizione della trama. Mountains May Depart si muove tra la compostezza del film romantico e la poesia del melò più classico: un film che cresce nello scorrere dei suoi minuti e che ha una furia emotiva tutta sua. Un'opera quasi mai forzata, che prosegue in una seconda parte - il 2014 - forse ancora più struggente, mantenendo però un profondo rispetto nei confronti dei personaggi e della loro evoluzione. Racconta che dopo l'amore c'è la delusione, vista negli occhi della protagonista Tao, moglie e donna abbandonata: se vent'anni prima ha potuto scegliere con chi stare, ora Tao è una donna in balia della scelte dell'uomo, simbolo di una Cina contemporanea che si è spostata verso l'egoismo individuale,che ha scelto le grandi metropoli sfavorendo i centri più poveri. Sia chiaro, Mountains May Depart non brilla mai per originalità, ma la leggerezza e la semplice purezza di sguardo di Jia Zhang-Ke riesce a trasmettere tutto il portato emotivo di una vicenda notissima, che attraversa il Tempo tramite un controllo sulla materia cinema che punta tutto sui sentimenti. Anche nell'ultimo atto - quello più ambizioso e, probabilmente, imperfetto - un 2025 astratto, immaginato come futuro vicinissimo senza derive fantascientifiche rappresentate per eccesso, Jia Zhang-Ke ragiona su un'umanità che ha perduto la propria identità, ha dimenticato il proprio passato e non ricorda più la Storia collettiva e le storie personali; i nomi che si sono conosciuti e la lingua che si parlava. Un continuo muoversi tra privato e universale che però non scade mai nell'obbligo della rappresentazione sociale e simbolica esplicita. Quello che rimane è il sentimento d'amore e la spavalderia di un film che osa buttare il cuore oltre l'ostacolo.


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