Giugno 1905: esplode la Rivoluzione Russa. I membri dell’equipaggio della Potemkin, nave da guerra russa ormeggiata a Odessa, tentano un ammutinamento. La ribellione viene brutalmente sedata dai cosacchi, che, implacabili, fanno fuoco anche sui civili. Ma ciò non servirà a impedire il proseguimento della Rivoluzione. La corazzata Potemkin, seconda opera filmica di Sergej Michejlovic Ejzenstein, è un film culto, centrale per la storia del cinema, che ha rivoluzionato – insieme a Sciopero! del medesimo regista – il concetto di montaggio. Il piano di lavoro iniziale del film prevedeva la realizzazione di otto distinti episodi (e già all’epoca l’introduzione della serialità cinematografica avrebbe costituito di per sé un’ innovazione) ma, tenendo conto di complessità, costi e tempi di realizzazione previsti, si optò per un unico progetto che nella struttura ricorda le opere letterarie greche antiche, scandito nei canonici cinque atti. Le riprese del film furono assemblate in soli dodici giorni. Il montaggio venne ultimato dallo stesso Ejzenstein durante la prima proiezione in sala e, nonostante quest’ultimo intervento frettoloso, il film venne accolto positivamente dall’URSS che diede immediatamente il via alla distribuzione nelle sale cinematografiche. La corazzata Potemkin è un film rivoluzionario nel contenuto ma soprattutto nella fisionomia. Ejzenstein abbandona il montaggio logico e standardizzato del cinema sovietico anni ‘20 per dedicarsi al montaggio delle attrazioni, scioccante e importunante, con lo scopo di scuotere emotivamente lo spettatore. Accostando contenuti visivi antitetici e spesso volutamente abbozzati, Ejzenstein mette in pratica la poetica del “cinepugno”, un cinema che letteralmente colpisce e impressiona chi guarda (in opposizione al più inoperoso “cineocchio” di Dziga Vertov). Quello del regista sovietico non è più semplicemente cinema dello sguardo: la visione del film corrisponde piuttosto a un’esperienza fisico/emotiva forte, tangibile e ancora più conturbante se si pensa che la prima proiezione avvenne nel 1925 davanti a un pubblico di certo estraneo a un tale tipo di approccio registico. Un film che oggi non ha lo stesso appeal sul pubblico, comprensibilmente. Un film che può apparire noioso vecchio, trascurabile. Un ipotetico spettatore medio, per l’appunto, non vuole vedere un film muto, non apprezza il limite cromatico del bianco e nero, non vuole leggere didascalie e - nella maggioranza dei casi - non è alla ricerca di un film che lo stordisca di concetti e idee maturate più di un secolo fa. D’altra parte La corazzata Potemkin rimane una pietra miliare del patrimonio artistico mondiale, un’enciclopedia di innovazioni tecniche e stilistiche che hanno trasformato il modo di fare cinema. Non per nulla è stato citato in diversi altri film: da Intoccabili a Amore e Guerra, dalla versione parodistica di Una pallottola spuntata all’omaggio in C’eravamo tanto amati. Il video artista Zbigniew Rybczynski, poi, ha compiuto un meticoloso lavoro di intarsio elettronico (blue studio) inserendo nella celebre sequenza della scalinata di Odessa un gruppo di chiassosi e invadenti turisti americani che interagiscono con i personaggi del film. Sergei M. Eisenstein realizza un’opera rilevante, ma anche unica e immortale dal punto di vista sociale e tecnico. Una vera e propria “musica per gli occhi”.