
In uno sperduto isolato luogo al confine con la Georgia, un anziano nonno e la sua giovane nipote prendono "possesso" di una minuscola isoletta. In questa zolla di terra circondata dalle acque, i due costruiscono una piccola casa di legno nella quale vivere e si mantengono con la neonata piantagione di grano. L'arrivo di un soldato in fuga, ricercato dall'esercito nemico, rischia però di rompere l'equilibrio delle cose. Uomo e natura, vecchiaia e giovinezza convivono aspramente in questa coproduzione euroasiatica che ha fatto incetta di premi in vari festival nella scorsa stagione, ottenendo anche la candidatura all'Oscar come Miglior Film Straniero. Corn Island, diretto dal regista georgiano Giorge Ovashvili, si concentra sui due protagonisti principali, lasciando poco spazio alla figure di contorno che appaiono metaforicamente come imprevisti della vita. In una narrazione dilatata, estremamente lenta e solcata verbalmente da solo una manciata di battute, il cineasta punta con forza sulla potenza delle immagini, focalizzando lo sguardo sulle più piccole gesta e trovando nei suoi protagonisti i perfetti veicoli di sguardi ed emozioni. Una Natura che si respira, si fa più vicina nelle sinuose inquadrature che, sfruttando al meglio il comparto sonoro, riescono a trasportare con forza nei luoghi della vicenda, conducendo verso un finale tanto tragico quanto poetico che ben mette in scena il percorso dell'esistenza nella sua placida ineluttabilità. Echi di un cinema autoriale che guarda sia alla scena sovietica (Aleksandr Sokurov e Andrei Zvyagintsev) che ad atmosfere del Cinema di Ki-duk Kim (L'arco) per un'opera preziosa che si compiace saggiamente del suo ricercato minimalismo, adducendo sottotraccia moniti contro qualsiasi tipo di conflitto, e si adagia nel quieto vivere di un vecchio saggio e di una bambina che sta per divenire donna.