Il giovane Paul (Felix de Givry) ha una grande passione: la musica elettronica. Insieme all’amico Stan (Hugo Conzelmann) forma un duo, i Cheers, e ben presto i due ragazzi si conquistano una piccola fetta di celebrità. Ma la strada verso il successo – e verso “l’Eden” - è tanto lunga quanto vorticosa. L’ evoluzione e il successivo tracollo delle aspettative dei Cheers procedono parallelamente alle vicende della vita sentimentale di Paul che, tra una delusione amorosa e l’altra, si ritrova ad abusare di droghe pesanti e alcool. Mia Hansen-Love, a quattro anni dall’ uscita di Un amore d gioventù, si getta a capofitto nei garage parigini, dimore della house music anni 90. Eden, presentato in anteprima al Toronto International Film Festival 2014, racconta le impressioni di un trentaquattrenne che si rende conto di vivere il sogno del ragazzino che era stato molto tempo prima. Ora, quell’illusione gli sta troppo stretta e deve ricominciare da capo. Il lavoro della regista, in fin dei conti, non è così accattivante. L’intreccio risulta scarno e monotono (peraltro con una conclusione inesistente); la sceneggiatura è intrinsecamente banale e, infine, la colonna sonora – che avrebbe dovuto essere memorabile – è composta da un numero insufficiente di tracce, per di più mediocri, da piano-bar. Altro elemento che gioca a sfavore del risultato finale della pellicola è la sua durata. Eden è un lungometraggio, ma troppo lungo: Mia Hansen-Love ha saputo raccontare in più di due ore quello che chiunque altro avrebbe mostrato in settantacinque minuti. Una nota positiva va alla fotografia che, considerato l’ambiente notturno e soffuso dei rave, ha saputo conferire all’inquadratura una luminosità calda e avvolgente. Certamente alla regista i buoni propositi non mancano: in Eden c’è della musica new age nella quale molti giovani possono riconoscersi; c’è del sentimentalismo e finanche un pizzico di dramma. Nonostante ciò, qualcosa va storto e fa sì che tutto il film non funzioni. Una pellicola caratterizzata da una narrazione ridondante e stancante che non arriva mai ad una svolta decisiva e per questo, nel complesso, affatica occhi e orecchie.