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Sinister 2

29/08/2015 10:00

Riccardo Tanco

Recensione Film, Film Horror, sinister,

Sinister 2

Courtney Collins (Shannyn Sossamon) per fuggire dal marito violento (Lea Coco), si trasferisce in una casa di campagna insieme ai figli Zach (Dartanian Sloan) e

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Courtney Collins (Shannyn Sossamon) per fuggire dal marito violento (Lea Coco), si trasferisce in una casa di campagna insieme ai figli Zach (Dartanian Sloan) e Dylan (Robert Daniel Sloan). Nella nuova abitazione, il piccolo Dylan inizia ad avere alcune visioni paranormali che paiono essere legate a omicidi avvenuti anni prima.


Dopo aver diretto nel 2012 il primo Sinister, il regista Scott Derrickson ritorna in fase di sceneggiatura per questo seguito, affidando la regia a Ciaran Foy autore dell'inedito horror psicologico Citadel del 2012. Sinister 2 si può definire - nonostante la modifica del cast principale - un sequel effettivo del suo predecessore, con diretti riferimenti al primo film esplicitati dalla presenza del personaggio ricorrente del vice sceriffo interpretato da James Ransone. Proseguono le indagini degli omicidi che concludevano il primo capitolo e il ritorno dello stesso antagonista demoniaco. Come Sinister, anche questo episodio si ispira al sottogenere horror dello snuff movie, aumentandone in dose e in presenza scenica.


Se l'espediente che muoveva il film diretto da Derrickson era la scatola di filmini trovata dal protagonista, qui l'estetica snuff viene non solo aumentata ma virata sull'onirico: lo spettatore si ritrova così ad essere uno dei bambini protagonisti. Ma oltre a reiterare la trovata della visione amatoriale e del “guardare l'orrore”, Sinister 2 si dimostra un film che poco sa sfruttare il genere di riferimento e l'immaginario che ne consegue. Se già il primo episodio faticava a rinnovarsi per tutta la sua durata, in questo caso si assiste a un'opera stanca di idee che non va oltre i soliti - e mal sfruttati - giochetti di apparizioni e spaventi al buio del demone di turno. La colonna sonora invasiva tenta di coprire tramite la musica la debolezza di una messa in scena e di una sceneggiatura ben poco inquietante che, tra le pieghe del racconto orrorifico, si fa dramma familiare inserendo la superficiale tematica della lotta contro i propri mali interiori. Così si oscilla tra ovvie possessioni demoniache e rituali, cercando - come è fare della Blumhouse Productions (la casa di produzione di Insidious e Paranormal Activity) - di omaggiare l'horror più classico, finendo però in un film senza mordente che, con la volontà di ricordare alcuni meccanismi del genere che fu, ne abbassa di molto ambizioni e inventiva.


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