Ricki (Meryl Streep) ha sempre avuto un solo, unico, grande amore nella vita: la musica. Una passione, questa, che ben presto l'ha portata ad allontanarsi dal marito Pete (Kevin Kline) e dagli amati figli. A distanza di anni, Ricki suona ancora con la sua band, a Los Angeles, lontana da quella che una volta era la sua famiglia. Ma quando Pete la chiama per dirle che sua figlia (Mamie Gummer), a seguito del divorzio, non sta passando affatto un bel periodo, Ricki decide di impacchettare le sue cose e le sue vecchie paure per interpretare, almeno una volta nella vita, il ruolo che le risulta più difficile: la madre. Sulla carta, Dove eravamo rimasti aveva tutte le potenzialità per essere un grande film, un piccolo gioiello autoriale pronto per trasformarsi in un cult. La regia di Jonathan Demme, unita alla graffiante ironia della sceneggiatura di Diablo Cody, avrebbe potuto fare di questa pellicola qualcosa di straordinario. Purtroppo, però, le cose non sono andate affatto così. Dove eravamo rimasti si presente all'occhio dello spettatore come un prodotto ben confezionato, in qualche modo patinato, ma colpevolmente privo d'anima. Dai dialoghi banali alle battute, che di politicamente scorretto hanno ben poco, la pellicola si tramuta in una giostra di luoghi comuni e situazioni già viste. Lo spettatore si accontenta di passare quasi due ore senza alcun pensiero in testa, in una leggerezza totale che libera il cervello, ma non scende mai a toccare il cuore. Un applauso va comunque fatto a Meryl Streep a cui, come più spesso accade, viene chiesto di salvare le sorti di un film senza infamia e senza lode. L'attrice dà anima, corpo e voce alla sua Ricki e in qualche modo riesce nel difficile compito di accendere una minima scintilla. Stavolta, però, il fenomenale talento dell'attrice non basta per un un film che finisce ben presto e con troppa facilità nella sfera dell'oblio.