«I need someone to take some joy in something I do» cantano i Belle and Sebastian in I’m Waking Up To Us, la canzone che fa da sottofondo al trailer di Io e lei, al cinema a partire dal primo ottobre. È proprio questo «someone» che Federica – architetto ex-moglie e madre alla prima esperienza omosessuale – ha trovato in Marina, ex-attrice proprietaria di un ristorante, lesbica da sempre. Il quinto lavoro di Maria Sole Tognazzi racconta l’amore tra queste donne mature in apparenza così diverse l’una dall’altra: introversa e insicura la prima, vitale e ironica la seconda. Nei panni delle protagoniste Margherita Buy (che Tognazzi ha già diretto nel precedente Viaggio sola (2012)) e Sabrina Ferilli. E non è certo difficile immaginare chi tra di loro interpreti chi. Se la Buy dà corpo a un personaggio che sembra cucito apposta su di lei, a cui siamo ormai più che abituati da parecchio tempo a questa parte, la Ferilli in veste saffica sorprende, convince e diverte, mostrandosi all’altezza tanto dei momenti più delicati e toccanti quanto di quelli più leggeri, durante i quali fa sorridere il pubblico con quei suoi modi da romana “verace”. Io e lei è la storia di una coppia come tutte le altre: da una parte la routine delle cenette casalinghe, delle serie TV (Top of the Lake, ndr) seguite in coppia, delle fughe fuori città per il fine settimana… e dall’altra lo sforzo di non cedere il passo al dubbio e all’incomunicabilità. Con questo film Maria Sole Tognazzi affronta un tema esplorato non certo frequentemente dal cinema italiano come quello dell’omosessualità femminile e lo fa, in particolare, con un preciso intento politico: raccontare, spingendola ai limiti della banalità, la normalità della vita di una coppia gay per sostenere l’eguale statuto di tutti gli amori e, dunque, la necessità di equiparare i diritti dei quali qualsiasi unione – eterosessuale o omosessuale che sia – deve avere la possibilità di godere. Per questa ragione la regista firma quella che a tutti gli effetti può essere definita una commedia “omosentimentale”, che pone l’accento sul sentimento e sulle dinamiche della psiche piuttosto che sugli aspetti conturbanti della sessualità. Più I ragazzi stanno bene (L. Cholodenko, 2010) che La vita di Adele (A. Kechiche, 2013) per intenderci. Se forse l’impeccabilità degli interni borghesi, gli abiti sempre stilosi indossati dalle due protagoniste e l’immancabile lieto fine ci fanno storcere un po’ il naso, Io e lei resta un film importante, necessario in un paese come il nostro che ha ancora tanta strada da fare sul fronte della parità dei diritti civili.