Marianne Lane (Tilda Swinton) è una rockstar, conosciuta a livello mondiale, che ha deciso di allontanarsi temporaneamente dal palcoscenico, nascondendosi prima dietro un'afonia e poi sull'isola di Pantelleria, insieme al marito regista, Paul (Matthias Schoenaerts). I due vivono circondati dalla natura, tra spiagge segrete e tuffi in piscina. Quando, però, l'ex manager e amante di Marianne, Harry (Ralph Fiennes), arriva sull'isola insieme alla figlia (Dakota Johnson) l'idilliaco equilibrio della coppia viene stravolto, portando le vite dei quattro protagonisti su sentieri impervi e inaspettati. A sei anni di distanza da Io sono l'amore – pellicola che lo ha di colpo portato sotto i riflettori dell'interesse internazionale – Luca Guadagnino torna dietro la macchina da presa per dirigere A Bigger Splash, remake del film di Jacques Deray del 1969, La piscine. Se in quell'antenato nobile Alain Delon si trovava al centro di un triangolo amoroso tra Jane Birkin e Romy Schneider, qui Guadagnino modifica i mestieri dei protagonisti e cambia la location - scegliendo la silenziosa e vitale Pantelleria - ma dell'opera di Deray ricalca gli intrecci e le gelosie. Al centro del racconto troviamo una coppia che si nasconde al mondo e che si gode la propria solitudine. Un idillio fatto di corpi che si intrecciano, di baci schioccati sotto la carezza della luna. Tutto questo, però, comincia a liquefarsi con l'arrivo di Harry e sua figlia Penelope: due micce pronte a esplodere, portatori entrambi di egocentrismo ed egoismo. Guadagnino si sofferma a raccontare le orbite gravitazionali di questi quattro personaggi, del lento scontrarsi di personalità e di aspirazioni ma lo fa con un autocompiacimento stilistico che indispettisce a pochi minuti dall'inizio. La mano del regista non solo si avverte, ma rischia di diventare una presenza asfissiante, con inquadrature e inserti che non hanno altro scopo se non permettere a Luca Guadagnino di rimirarsi nello specchio della propria vanità , disturbando e molto spesso interrompendo la fruizione della storia. Appare evidente l'incapacità di Guadagnino di gestire tutti gli elementi con cui ha voluto riempire il suo film. Al di là della storia portante – quella, dunque, dei quattro protagonisti, costretti a convivere in un ambiente ristretto - il regista ha inserito numerosi altri spunti narrativi che, però, finiscono per diventare solamente una lunga lista della spesa. I personaggi si trovano privi di un passato degno di questo nome, senza che allo spettatore sia dato comprendere le molte allusioni presenti nella sceneggiatura di David Kajganich e senza alcun riscontro nelle immagini. Stesso discorso per la riflessione sull'immigrazione: una sterile ripetizione delle parole «immigrati» e «clandestini», che si riduce – ancora una volta – a una valvola di sfogo per le manie di grandezza di chi sta dietro l'obiettivo. Ed è un peccato, perché al di là di questi difetti, A Bigger Splash ha il merito di mettere in scena quattro attori credibili e perfettamente inseriti nelle loro parti; attori che avrebbero potuto contribuire a realizzare un buon film, se non fossero stati costantemente soffocati dalla macchina da presa del suo autore.