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Io sono Ingrid

12/10/2015 10:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Io sono Ingrid

Nella primavera del 2011, il regista Stig Björkman (Images from the Playground) incontra Isabella Rossellini e, su sua stessa richiesta, decide di realizzare un

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Nella primavera del 2011, il regista Stig Björkman (Images from the Playground) incontra Isabella Rossellini e, su sua stessa richiesta, decide di realizzare un film su Ingrid Bergman per svelare la donna dietro il mito. Sfogliando le foto e le riprese personali che l’attrice custodiva gelosamente nella sua cantina, Björkman ricostruisce la storia di una ragazza come tante che sognava di diventare un’attrice.


Ingrid nasce a Stoccolma il 29 Agosto del 1915. Perde la madre dopo pochi anni ma suo padre la tratta da principessa, cercando di offrirle sempre tutto quello di cui ha bisogno. Le insegna ad accettare le sfide, ad affrontare le difficoltà della vita con il sorriso sulle labbra e a trarre insegnamenti da tutte le esperienze vissute. Ingrid impara a valorizzare la sua bellezza eterea e a mostrarsi perfettamente a suo agio davanti la macchina da presa, che imprime su nastro piccole grandi imprese quotidiane. Quando anche suo padre muore la ragazza continua a osservare il mondo attraverso la lente dell’obiettivo. Si forma a teatro e diviene talmente brava da essere scelta per il grande schermo. Esordisce nel 1935 ma il panorama internazionale la conosce soltanto due anni dopo, grazie alla sua performance in Intermezzo di David O’Selznick. Da quel momento Ingrid viene contesa dai principali studios hollywoodiani, finendo per doversi allontanare sempre più frequentemente dal marito e dalla figlia. Lavora con grandi artisti come Bergman, Lumet e Hitchcock, che le insegna a coniugare sentimenti diversi nella stessa espressione e a vivere la recitazione non più come l’occasione di nascondere la propria timidezza dietro a un personaggio, ma come la possibilità di riempire quello stesso della sua essenza. La vita americana e il cinema commerciale, però, non la soddisfano abbastanza tanto che lei stessa contatta personalmente il regista italiano Roberto Rossellini, di cui aveva ammirato Paisà e Roma città aperta. La verità della narrazione e l’improvvisazione totale rendevano la filmografia italiana molto più veritiera ed emozionante di quella straniera e Rossellini si rivela un regista appassionato e accattivante. Ingrid se ne innamora perdutamente e rinnega il suo matrimonio precedente, suscitando scandalo e scompiglio nei benpensanti. Cacciata dalle scene, dunque, rimane lontana dal grande schermo per oltre sette anni, per tornare prepotentemente sotto i riflettori e ricordare a tutti la sua grazia e il suo talento. Divorzia nuovamente e sposa Aron Lindström, famoso regista teatrale con cui va a vivere prima su un’isola svedese e poi a Londra, dove calca i palcoscenici più importanti fino al giorno della sua morte, nel 1982.


Dalle lettere alle sue amiche e dalle pagine del suo diario segreto, Ingrid mostra una vorace e spasmodica voglia di successo e una passione famelica e incondizionata per la recitazione, senza la quale, avrebbe potuto anche smettere di respirare. Pur dovendo rinunciare alla sua famiglia e alle sue radici, l’attrice ha inseguito il successo, l’ha raggiunto e l’ha posseduto fino all’ultimo respiro perché, come ha detto lei stessa in un’intervista, non aveva alcun rimpianto per le cose che aveva fatto ma solo per quelle a cui aveva dovuto rinunciare. Stig Björkman, fotogramma dopo fotogramma, traccia un ritratto delicato e tenue di un’attrice controversa, piena di passioni ma anche di ombre e smussature, realizzando per i cinefili una perla senza eguali.


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