A pochi anni di distanza dall'uscita dell'acclamato The Wall, campione di incassi datato 1979 negli States, si colloca la sua trasposizione cinematografica firmata Alan Parker, già conosciuto per film come Saranno famosi e Piccoli gangsters, i quali inaugurano una fiorente produzione caratterizzata da una stretta simbiosi tra cinema e musica. Pink Floyd The Wall non ha una trama troppo definita. Sono i brani dell'album a suggerirci gli input necessari: c'è l'immaginario rocker Pink (Bob Geldof, alter ego di Roger Waters o di Syd Barrett?), e ci sono le sue paure, le sue fissazioni, le sue ingiustizie personali. Ognuna di queste si somma all'altra erigendo uno spaventoso muro fatto di mattoni impalpabili eppure indistruttibili. Ogni fantasma che perseguita Pink è personificato dalle illustrazioni del disegnatore Gerald Scarfe, il quale concepisce delle vere e proprie icone che tutt'ora nell'immaginario collettivo si associano a The Wall. Uno dei tratti distintivi del film, infatti, è proprio costituito dall'interazione tra attori reali, in carne ed ossa, e animazione che dà forma a fobie e idee. Pink Floyd The Wall rappresenta uno dei rari casi in cui l'immagine viene plasmata dopo la concezione musicale e non viceversa, come quasi sempre accade. Ma non equivochiamo: Pink Floyd The Wall non è neanche lontanamente un lunghissimo videoclip musicale e questo la dice lunga sullo stile della pellicola. Nata dal ponderato connubio tra i chiari riferimenti autobiografici di Roger Waters e le impressioni visive suscitate dalla musica stessa nel regista, la pellicola ebbe un grande eco sul pubblico che già aveva assaporato il poema musicale. Quello del regista britannico è un evidente intento di contestualizzazione visiva non semplicemente mirata alla edificazione di una gabbia, di una cornice di immagini contente l'intera colonna sonora musicale. Il film consolida e arricchisce, attraverso flash macabri e talvolta molesti, i temi portanti di The Wall: le scelleratezze umane, la morte, il concetto di rivolta, la follia. Parker non mostra tentennamenti nell'esasperazione della lussuria o del sangue e dà così vita a un lavoro cruento e concitato di forte impatto. Col senno di poi, si può affermare che non è stato affatto un male per Waters cedere le redini registiche del progetto a Sir Parker, che si mosse a favore di immagini e colori forti, a tratti irreali, proprio a sottolineare la componente spiccatamente psicologica del progetto. Essendo un album assai concettuale, per qualcuno l'aver costruito un film su The Wall può aver posto un limite ai mille significati che un brano musicale può offrire, ma il lavoro di Alan Parker è strettamente connesso - semanticamente ed empaticamente - a quello che è uno dei più grandi successi della storia del rock.