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Fantozzi

26/10/2015 11:00

Giovanni Miele

Recensione Film,

Fantozzi

Dopo il successo dei romanzi, nel 1975 gli italiani facevano la conoscenza in sala del Ragionier Ugo Fantozzi

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Dopo il successo dei romanzi, nel 1975 gli italiani facevano la conoscenza in sala del Ragionier Ugo Fantozzi, personaggio nato dalla penna di Paolo Villaggio e diventato simbolo dell'uomo medio nell'Italia del post boom economico. Dopo quarant'anni e dieci film da protagonista, il film d'esordio torna al cinema in versione restaurata e in formato 2K il 26, 27 e 28 ottobre. La pellicola capostipite di una delle saghe più longeve del cinema comico italiano, diretta da Luciano Salce, è scritta e interpretata dal comico genovese: Villaggio adatta infatti per lo schermo, attraverso una narrazione che procede per episodi, la serie di sfortunate vicende tratte dai romanzi bestseller Fantozzi e Il secondo tragico libro di Fantozzi.


Il Ragionier Fantozzi (Paolo Villaggio) è un umile e disgraziato impiegato della “Megaditta”, marito della devota e poco avvenente Pina (Liù Bosisio) e padre della sgraziata bambina “babbuina” Mariangela (Plinio Fernando). La sua guerra personale comincia al mattino contro la routine da giorno feriale, la lotta contro il tempo per riuscire a timbrare in orario il cartellino. Dopo esser riuscito, cronometro alla mano, a fare colazione e barba, e a espletare le funzioni corporali in soli sei secondi, tenta nell'impresa di prendere l'autobus al volo lanciandosi dal balcone vista tangenziale della sua casa nella periferia romana. La vita d'ufficio è per Fantozzi fatta di derisioni e umiliazioni continue da parte dei colleghi. Anche la segretaria del suo ufficio, la signorina Silvani (Anna Mazzamauro), di cui Fantozzi è follemente innamorato, non perde occasione di approfittare di lui nel momento del bisogno, salvo poi schernirlo quando è oggetto delle attenzioni dei capiufficio. Unico alleato di Fantozzi è il ragionier geometra dell'ufficio sinistri Filini (Gigi Reder), che lo costringe a prender parte ad attività ricreative con esiti discutibili: la partita di calcetto scapoli contro ammogliati; la battuta di pesca al lago; la partita di tennis in una mattinata “poco soleggiata”.


Il personaggio del ragioniere è entrato nell'immaginario collettivo degli italiani, valicando i confini della finzione e imponendosi come simbolo dell'impiegato di quegli anni, vessato dai superiori, verso cui non manca mai di dimostrare atteggiamenti di sudditanza e convinto che tale comportamento rappresenti l'unica forma per sopravvivere alle dinamiche del mondo aziendale. Una chiave di lettura innovativa nell'Italia post sessantottina in cui il confronto tra il potere e il lavoro sembra assumere una veste nuova, ma che in realtà camuffa con diverse forme un ordine ormai consolidato. Fantozzi è l'italiano medio, o meglio l'italiano mediocre: inetto e costretto a confrontarsi con un mondo che ce l'ha con lui (l'immagine della nuvola dell'impiegato che arriva minacciosa è diventata emblema di tale condizione). Un antieroe che tenta di affrontare in tutti i modi le avventure del quotidiano, restituendo allo spettatore uno scenario fatto di una comicità demenziale a primo impatto, ma caratterizzata da situazioni tanto paradossali e grottesche da non consentire mai un riscatto personale. Il protagonista finisce così per assumere, grazie anche a momenti di tenerezza, i tratti dell'eroe tragico e rassegnato al proprio destino. Fantozzi non è solo rappresentazione di un personaggio simbolo ma anche una pellicola iconica, che non manca di fare ironia sulle mode e sulle tendenze che cominciavano ad affermarsi in quegli anni, appannaggio di una classe medio alta a cui il Ragioniere non apparterrà mai. Raggiungono alti livelli di comicità gli episodi della cena al ristorante giapponese offerta alla signorina Silvani e quello in montagna a Courmayer tra le piste di sci.


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