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Hitman: Agent 47

09/11/2015 12:00

Samantha Ruboni

Recensione Film, Speciale Videogiochi, Film Videogiochi, hitman,

Hitman: Agent 47

Videogiochi al cinema: reboot non necessario dell'Agente 47

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Un team di scienziati, guidati dal prof. Piotr Litvenko (Ciarán Hinds), sperimenta la clonazione per poter creare l'assassino perfetto, potenziato e calcolatore. Il prodotto migliore è l'Agente 47 (Rupert Friend): geneticamente concepito per essere una perfetta arma per uccidere, è conosciuto solo dalle ultime due cifre del codice e barre che porta tatuato sulla nuca. Ad anni di distanza, per una richiesta che non può rifiutare, 47 si trova a dover uccidere la figlia di Litvenko, Katia von Dees (Hannah Ware), che sta cercando disperatamente il padre. L'unica che sa il suo segreto. L'obiettivo di 47 diventa così una gigantesca corporation, chiamata l'Agenzia, intenzionata a impossessarsi del suo passato per poter creare un arrestabile esercito di cloni assassini. Affronterà così incredibili rivelazioni sul proprio passato, inseguimenti e fughe, fino al duello finale col suo acerrimo nemico, il superpotenziato John Smith (Zachary Quinto).


Basata sul videogioco Hitman:Absolution, l'opera prima di Aleksemder Bach - reboot del già scarso live action del 2007 Hitman – L'assassino, diretto da Xavier Gans - segue il filone dei film dedicati ai videogiochi, come la fortunata saga di Resident Evil e il mediocre Prince of Persia. Il film di Bach risulta fin da subito un'operazione commerciale, per nulla necessaria, che non porta nessun miglioramento o approfondimento - sia a livello di trama che di contenuti - rispetto al precedente film dedicato all'assassino. Un prodotto esile e costellato di luoghi comuni, con dialoghi e personaggi fragili, banali e non approfonditi. È chiara l'intenzione del regista di creare un puro e semplice action movie, con una trama quasi inesistente; ma anche quando si va a esaminare la pura azione, gli effetti speciali sono scarsi, le soluzioni acrobatiche e i coupe de theatre idee già viste e rivisitate fino allo stremo.


La finzione è visibile a occhio nudo e tutti i personaggi sembrano delle bambole di porcellana ai quali nemmeno un duello all'ultimo sangue spettina i capelli o sporca il viso. Anche il suono risulta finto, con pistole che sparano in sordina. Un grande sbaglio è stata anche la scelta del cast: l'attore protagonista Rupert Friend, visto nella serie tv Homeland e nell'adattamento cinematografico di Orgoglio e Pregiudizio del 2005, risulta troppo acerbo, dai connotati troppi gentili e dalla fisicità sbagliata per poter incarnare il duro e maturo agente 47 del videogioco. Unica nota positiva è l'attenzione di alcune caratteristiche del videogioco: la caratteristica del protagonista di travestirsi con i capi rubati alle persone che tramortisce; il vestito con la cravatta rosso fuoco che lo contraddistingue e le immancabili silverballers, armi personali dell'Agente 47, dalle quali non si separa mai. Il finale aperto fa intendere un possibile seguito che, se mai veramente prodotto, dovrà essere potenziato da un cast migliore, da una trama più accattivante e da una maggiore attenzione alla cura tecnica.


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