Mark Twain diceva: “Tutti parlano del tempo ma nessuno fa niente per cambiarlo”. La commedia dei fratelli Vanzina Torno indietro e cambio vita potrebbe partire proprio da questo assunto. Chiunque vorrebbe tornare indietro nel tempo per aggiustare qualcosa della propria esistenza e magari dire quella frase che non aveva avuto il coraggio di proferire anni prima, prendere un'altra strada, fare una scelta diversa. Lo "sliding doors" è un tema che ricorre spesso nel cinema: in quello italiano, c’è spazio anche per riderne. Carlo Vanzina torna a raccontare l’Italia usando nuovamente questo espediente narrativo. Nel 1999 il figlio di Steno usciva al cinema con Il cielo in una stanza, pellicola basata sugli intrecci spazio temporali che mettono a confronto generazioni differenti, costrette a incontrarsi nella neutralità dell’assurdo. Sullo sfondo, i quartieri della Roma bene, le feste, i primi vizi. Sedici anni dopo, Vanzina propone sugli schermi un confronto generazionale tra il Novanta e il Duemilaquindici: due esempi differenti di gioventù. I catalizzatori temporali prendono le forme di Raoul Bova e Ricky Memphis. Il primo veste i panni di Marco, un promoter finanziario sulla quarantina che è sposato con la compagna di una vita, Giulia (Giulia Michelini), conosciuta ai tempi del liceo; il secondo è Claudio, migliore amico di Marco, single e con una madre (Paola Minaccioni), Giuditta, che consola la propria solitudine con l’aiuto dell’alcol. Quando la vita di Marco sembra prendere una brutta piega, una serata con l'amico di sempre si trasforma in un improbabile salto nel tempo: in seguito a un incidente d'auto, i due si risvegliano dal trauma cranico e si ritrovano "magicamente" negli anni Novanta, nel cortile della scuola, circondati dagli ex compagni di liceo. Tanto vale approfittare di questo scherzo del tempo. In questo "back in time" a farla da padrone è l’umorismo, che conduce a una catarsi collettiva dove l’amore alla fine trionfa su ogni cosa in barba agli stravolgimenti. La confusione è l’elemento congeniale per scatenare ogni sketch e gli attori scelti hanno quasi tutti un background comico, così che ci sia sempre la battuta pronta. Un non protagonista Max Tortora calza perfettamente la parte del genitore strampalato, costretto ad assecondare il delirio del figlio (“La prossima volta compro un cane. Non parla, rompe meno le scatole”), senza rinunciare alla romanità in compagnia del sorriso smagliante e contagioso di Michela Andreozzi. Decisamente in parte anche i comprimari Propizio, Michelini e Minaccioni: il primo, lanciato nei cinema grazie a Verdone, trova sempre più spazio come caratterista; la Minaccioni, una conferma, passa dal dramma alla commedia con estrema facilità, riuscendo a suscitare intensità in entrambi i casi. Memphis e Bova si completano vicendevolmente, nell'ennesimo lavoro che li vede insieme. Vanzina cattura con questo film la leggerezza della battuta facile, ricorrendo al senso degli equivoci, attraverso concatenazioni di eventi e gaffe bizzarre. Novantacinque minuti senza impegno, che regalano un timido sorriso.