Nel 1986 esce al cinema Corto circuito - Short circuit, l'avventura di Numero 5, del suo creatore il dottor Newton Crosby e dell'animalista militante Stephanie. Una lunga sequenza introduttiva tra luci, pulsanti e meccanismi racconta le enormi e svariate potenzialità del robot che avrebbe confermato la superiorità tecnologica degli Stati Uniti e rivoluzionato l'idea classica di guerra, rimpiazzando i soldati con le macchine. Il sogno bellico sul limitare della Guerra Fredda si interrompe presto, quando un fulmine provoca la fuga di uno dei prototipi. Tra goffi e comici inseguimenti, disastri e incidenti, scatta un'inaspettata scintilla: Numero 5 sviluppa un'insolita capacità di apprendere ed elaborare la realtà che lo circonda, rivelandosi più complesso di una macchina. Il padre spirituale di Wall-e condivide con il robottino del 2000 sia i cingoli sia un paio di occhioni smaniosi di esplorare e divorare il mondo, spalancati su dinamiche nuove, affamati non solo di input ma anche di conoscenza. Non solo padre, ma anche figlio di una tradizione di esseri dai tratti antropomorfi, non più macchine ma ancora del tutto uomini. Se all'inizio siamo di fronte a una sorta di Golem al servizio del creatore e incapace di evadere dal seminato dell'obbedienza, il fulmine regalerà al robot una vita nuova, come un Frankenstein di metallo e circuiti. N° 5 va oltre l'istinto di conservazione, prova curiosità e stupore, si commuove per un fiore, ricorda ciò che apprende e lo sfrutta per sopravvivere a un mondo ostile. Soprattutto vive il dramma della consapevolezza: sa di essere stato creato e che un giorno potrebbe essere smontato, ovvero propone una versione tecnologica del ciclo della vita. Ma Corto circuito, per fortuna, non è solo dramma. Chi lo ha visto da bambino ricorderà la comicità ingenua, fatta di parole ed espressioni idiomatiche storpiate, le sequenze ballate con la bella e rivoluzionaria Stephanie, i viaggi interminabili sul furgone. E le peculiarità che ancora possono stuzzicare da adulti: la ridicolizzazione dell'esercito del Paese più potente e armato del mondo, ridotto a una macchietta disorganizzata. Del resto, la caricatura è la tinta che pervade e colora la pellicola. Nel complesso Corto circuito è un film per ragazzi che scricchiola sotto il peso degli anni, ma rivederlo è come ritrovare un vecchio giocattolo: una forte quantità di sensazioni, una scarica elettrica di ricordi. Peccato sia rimasta poca voglia di grattare via quella patina fatta quasi solo di emozionalità finita, collocata in un'epoca bene precisa, ma ormai terminata.