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Piccoli brividi

21/01/2016 12:00

Aurora Tamigio

Recensione Film, Film Commedia, Film Family, piccoli brividi,

Piccoli brividi

Approdano al cinema i libri horror per ragazzi di R.L. Stine

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Zach (Dylan Minnette) è costretto, dopo la morte del padre, a trasferirsi con la madre da New York alla provincia. Nella sperduta cittadina, tuttavia, fa amicizia con Hannah (Odeya Rush), sua vicina di casa, e Champ (Ryan Lee). Una sera, dopo aver sentito delle urla provenire da casa di Hannah, Zach decide di indagare: scopre così che il padre della ragazza è R.L. Stine (Jack Black), autore dei romanzi Piccoli brividi. Peccato che questi misteriosi manoscritti siano custoditi in una biblioteca, chiusi con dei lucchetti. Il bello arriva quando Zach, Hannah e Champ decidono di aprirne uno.


Si leggevano in una manciata di ore, sotto le coperte con una torcia o una piccola luce sul comodino. Oppure si portavano a scuola e, durante l'intervallo, si scambiavano quelli già divorati con quelli ancora da sfogliare. I Piccoli Brividi hanno accompagnato le infanzie di molti: piccole perle di horror che instillavano nell'immaginazione di bambini e ragazzi pillole di terrore letterario che non si faceva fatica ad immaginare già sul grande schermo. Per questo sembra incredibile aver dovuto aspettare il 2015 per vedere in sala un film tratto dalla collana per ragazzi di R.L. Stine. I romanzi di Stine, infatti, oltre che bestseller mondiali, sono storie piene di ritmo e colpi di scena che visitano tutti i topoi dell'horror: dalla bambola assassina a mostri, zombie e mummie; dalle case infestate alle misteriose sparizioni. Al centro della vicenda c'è sempre un ragazzo o un gruppo di amici, che si perdono sotto la luna piena e vivono una notte di terrore allo stato puro. Nonostante le trame citassero (più o meno espressamente) i classici del brivido – gialli o thriller d'autore - i protagonisti sono sempre teen o pre-adolescenti: l'immedesimazione del giovane lettore è assicurata quindi non solo dalla vicinanza con i personaggi ma anche dal linguaggio semplice, colloquiale, che arriva subito al nocciolo. Ogni storia su carta, allora, aveva già in sé la struttura perfetta per essere trasposta sullo schermo: i plot points letterari - sempre ingenui e prevedibili, ma non per questo meno avvincenti - diventano colpi di scena; i capitoli si fermano sul più bello generando quella diffusa suspance che accompagna la vicenda filmica, scena dopo scena.


La novità rispetto ad altri film del genere già prodotti - non ufficialmente, ma sicuramente ispirati ai Piccoli Brividi - è che stavolta R.L. Stine fa parte dei protagonisti del film. Autore, guida e personaggio chiave per la comprensione della storia, lo scrittore è interpretato da Jack Black, che risponde ancora una volta alla chiamata del cinema per ragazzi. Nonostante il rischio di una carriera ripetitiva, Piccoli Brividi incorona Black re del teen movie: il suo Stine è un adulto inconsapevole, comico come l'attore sa essere; eppure credibile scrittore, ideatore e custode di un mondo pauroso che attira i ragazzi nel film come nella realtà. Non era facile omaggiare e al contempo fare di Stine un personaggio cinematografico, ma il regista Rob Letterman riesce non solo ad aggiornare una serie degli anni Novanta al gusto dei ragazzi di oggi (complici anche un discreto 3D e buoni effetti speciali) ma anche a costruire – con lo sceneggiatore Darren Lemke e il soggetto di Scott Alexander e Larry Karaszewski - una vicenda che ha dell'originale. Certo, i ragazzi crescono in fretta e ciò che un paio di decenni fa andava bene anche per gli adolescenti adesso è più che altro diretto a un pubblico sotto i tredici anni. Tuttavia riuscirsi a collocare nell'era dell'horror mozzafiato - che non tiene conto del rating nè della giovane età dei suoi spettatori - senza sfigurare e senza risultare troppo ingenui, è un'avventura cinematografica da tenere presente. Chissà se Letterman vorrà cimentarsi anche con un horror per adulti.


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