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Parenti serpenti

26/01/2016 11:00

Livia Restano

Recensione Film,

Parenti serpenti

Sulmona, Abruzzo...

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Sulmona, Abruzzo. Nella casa degli anziani coniugi Saverio (Paolo Panelli) e Trieste (Pia Velsi) si riunisce tutta la famiglia per festeggiare il Natale. Cenone, messa di mezzanotte e scambio dei regali fanno da sfondo alle stramberie dei personaggi, che possiedono vizi e virtù della famiglia italiana, tanto da diventare un vero e proprio stereotipo. La moglie fedifraga (Cinzia Leone), la nipote adolescente aspirante ballerina di Fantastico, il figlio che nasconde in famiglia la propria omosessualità (Alessandro Haber), la coppia che non riesce ad avere figli. Pezzi di un mosaico curioso, che si ricompone ogni Natale a casa di Saverio e Trieste, tra rancori passati e nuove vicende. Tutto nella norma fino a quando i coniugi fanno un annuncio: hanno bisogno di essere ospitati da uno dei figli in quanto non più in grado di provvedere a loro stessi. Ma un piano crudele sarà architettato dai figli pur di non prendersi cura degli anziani genitori.


Nel 1992 Mario Monicelli dirige Parenti Serpenti, un ritratto cinico della famiglia borghese che si riunisce per trascorrere le festività natalizie. Il Maestro Monicelli, regista, sceneggiatore e scrittore italiano, non ha bisogno di presentazioni: I soliti ignoti, La grande guerra, L’armata Brancaleone sono solo alcuni dei film che lo hanno reso uno dei massimi esponenti della commedia all’italiana, in Italia e all’estero, assieme a Dino Risi e Luigi Comencini. Diventata un vero e proprio cult del cinema italiano, la pellicola ha ricevuto numerose nomination a premi prestigiosi, come il David di Donatello, vincendo nel 1993 il Nastro d’Argento per i migliori costumi realizzati da Lina Nerli Taviani.


La storia narrata nel film di Monicelli è sostanzialmente quella di un abbandono: i figli decidono di non occuparsi più dei genitori, visti come un ostacolo alla piena realizzazione dei propri desideri, a tal punto da volersene liberare. Da notare che il regista si occupa di un tema del genere durante gli anni della sua stessa maturità, descrivendo il sentimento di solitudine che spesso accompagna gli uomini e le donne della terza età. Le tinte fluide di un genere cinematografico indefinito caratterizzano la storia: una commedia dal finale fortemente drammatico, che affronta un tema fortemente legato alla nostra cultura. L’Italia che ama stare insieme a Natale per festeggiare è la stessa che lascia da soli gli anziani, come se il senso della famiglia venisse meno finiti i festeggiamenti, quando diventa necessario prendersi cura dell’altro. Il Maestro strappa una risata amara, affrontando un tema delicato con ironia, dimostrando ancora una volta che è possibile sorridere proprio di tutto. D’altronde questa è la salvezza e la miseria dell’uomo, che in ogni suo capolavoro il regista mette in risalto: ogni storia ha un lato tragicomico. Non è possibile dimenticare che, oltre ad aver diretto pietre miliari della commedia italiana Monicelli si è anche occupato di vere e proprie pellicole drammatiche (La ragazza con la pistola, Un borghese piccolo piccolo). Questo fa di Mario Monicelli un vero e proprio pioniere, in grado di coinvolgere nei suoi esperimenti anche il più testardo dei comici romani, Alberto Sordi, trasformato spesso in attore drammatico sotto la sua sapiente guida. Nella carriera di Monicelli Parenti Serpenti rimane un piccolo gioiello della commedia all’Italiana, dal finale del tutto inaspettato. Perchè citando il Principe della risata, Antonio De Curtis, in arte Totò: “I parenti sono come le scarpe: più sono strette e più ti fanno male”.


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