La giovane studentessa Hannah Steele (Kali Hawk) deve intervistare l'eccentrico miliardario Christian Black (Marlon Wayans). Tra i due nasce un rapporto che dovrà fare i conti con l'ingenuità della ragazza e gli strani comportamenti dell'uomo. Inevitabile che un fenomeno cinematografico e di costume come lo è stato lo scorso anno Cinquanta sfumature di grigio arrivasse a produrre una parodia. E il cinema comico-demenziale statunitense, che ha avuto i propri fasti con la saga degli Scary Movie, si ricicla nuovamente sbeffeggiando questa volta il dramma romantico-erotico con protagonisti Jamie Dornan e Dakota Johnson. Cinquanta sbavature di nero ripercorre il filone del cinema parodistico, esagerando e prendendo in giro le componenti del successo dell'opera filmica presa a riferimento. Il film diretto da Michael Tiddes non fa eccezione e riprende, salvo piccoli dettagli, la trama dell'originale. Ovviamente, cambiando il tutto in tono comico. Così Christian Grey diventa Christian Black, miliardario ma tutt'altro che affascinante tenebroso: un sadico impacciato. Mentre la studentessa Anastasia diventa Hannah, stessa timidezza iniziale che Cinquanta sbavature di nero trasforma in una singolare “vendetta femminile”. Se a inizio nuovo millennio l'idea e l'originalità della saga di Scary Movie riusciva a funzionare, ora questo tipo di cinema - appuntamento fisso dell'anno - vive una scarsezza di idee che si poggia su un'unica gag sviluppata in maniera il più approssimativa possibile e senza più la capacità di ironizzare davvero. Così le stesse sequenze dell'originale sono riprese di pari passo puntando solamente su un umorismo di tipo sessuale che sfoggia ormai solo in volgarità verbali e battute razziste, stereotipi di infimo livello. E davvero non si capisce perché si continui con questi prodotti, che degli originali sono solo ombre annacquate, senza però sottolineare con vera capacità comica i difetti o i parossismi del successo dei film che vengono citati. Cinquanta sbavature di nero è quindi l'ulteriore affossamento di un filone chiaramente saturo e che ha smesso di far ridere da molto, senza scrittura se non una sequela di scenette incollate tra loro. Il grado zero del divertimento a sovrastare qualunque cosa, soprattutto quando - come in questo caso - la pellicola di riferimento è già di suo una parodia involontaria.