Nobita è un grande fan della serie tv “Gli eroi dello spazio” e decide di farne un film. Scopre però che i bulli Suneo e Gian ne stanno già facendo uno insieme alla graziosa Shizuka, di cui è innamorato. Per far parte del film decide allora di chiedere aiuto a Doraemon e a uno dei suoi ciuski: Il Registamburger, che crea dei mondi fantastici che sembrano veri. Durante le riprese, un alieno atterrato sulla Terra in cerca di aiuto - Aron - vede i ragazzi in azione e pensa di aver trovato i supereroi che stava cercando. Giunto al 36esimo lungometraggio, realizzato proprio in occasione dei trentacinque anni dalla sua prima apparizione in TV, Doraemon torna sul grande schermo, sbancando il botteghino giapponese. In Giappone il gattone spaziale è ormai un'istituzione: la storia di Nobita, ragazzino molto sfortunato, pigro e preso di mira dai bulli, al quale viene donato un gatto robot di nome Doraemon per aiutarlo. Il nuovo amico cambierà il destino del piccolo Nobita grazie ai suoi ciuski, gadget del XXII secolo che lo aiutano in ogni situazione. Diretto da Yoshihiro Osugi e basato sul manga originale di Fujiko F. Fujio, Doraemon: Nobita e gli eroi dello spazio - remake dell'episodio del 1985 Doraemon e le piccole guerre stellari di Nobita, già parodia delle più note Guerre Stellari di Lucas - attinge a piene mani dal mondo dei supereroi Marvel, mascherandoli con i costumi dei classici sentai giapponesi. Il riferimento è palese nella versione originale, soprattutto per il film I Guardiani della Galassia (2014), dove il programma preferito di Nobita è intitolato proprio Guardian of the Galaxy. Da qui prenderà avvio la storia: i quattro amici, fan della serie, decidono di realizzare un film amatoriale dedicato ai loro beniamini con loro protagonisti. Il cinema viene qui visto come legante, qualcosa che unisce i piccoli amici che altrimenti non andrebbero d'accordo. Ma il film mette in scena anche una delle “battaglie” che si sta sempre più combattendo sui nostri schermi: il cinema amatoriale contro il cinema tradizionale. L'operazione che i bambini fanno in mezzo a un bosco, con un lenzuolo come scenografia e una telecamera per strumento è la rappresentazione del cinema dei fan; ma l'intervento di Doraemon e del suo Registamburger trasforma un gioco nel cinema tradizionale, rappresentato come un regista irascibile e pignolo che ha come oggetto caratteristico il tipico megafono, grazie al quale riesce a far apparire mondi fantastici come se fossero reali. La magia del cinema. Impossibile distinguere tra realtà e finzione anche per Aron, un alieno venuto da un pianeta soggiogato da tiranni che vogliono risucchiare la vitalità della sua terra. L'extraterrestre scambia il gruppo di ragazzini per un vero team di supereroi; a sua volta viene preso per una comparsa: un gioco di fraintendimenti che fa decollare la trama e venire a galla i classici insegnamenti della serie Doraemon. Integrità, perseveranza, coraggio, famiglia e rispetto. Messaggi positivi e didattici che arrivano con un linguaggio semplice e divertente, diretti al pubblico infantile. La pellicola, rispetto a quella digitale del 2014, torna all'animazione tradizionale. A livello tecnico nel film non c'è niente d'innovativo: la trama sembra all'inizio qualcosa di nuovo e interessante, ma poi sfocia nell'avventura classica degli innumerevoli episodi della serie e cade nella prevedibilità. Una sorta di puntata lunga, ormai tipologia tipica di tutte le produzioni di questo tipo. È un cartone positivo e pieno di buoni sentimenti che accontenta i più piccoli e i fan della serie, cui è rivolta la pellicola, ma che non dà nulla di nuovo al mondo dell'animazione e del cinema.