L’avvocato Franco (Teo Teocoli), appassionato di sport - nello specifico, di maratona - non si arrende ai propri 65 anni: quando scopre che sua figlia è in dolce attesa, realizza che il suo fisico non è più quello di una volta. Nel frattempo, traballa anche l’amicizia fra la 49enne Angela (Sabrina Ferilli) e Sonia (Luisa Ranieri), quando questa scopre una relazione fra suo figlio Luca, ventenne, e la sua amica. C’è anche Diego (Lillo Petrolo), un DJ di mezz’età ancorato alla nostalgia per il rock anni '70 e '80, che si ritrova a fare i conti con un rivale, un dinamico youtuber (Francesco Sole) più giovane e celebre di lui che lo etichetta come “nonno rock”. Sono passati dieci anni dall’esordio di Fausto Brizzi con la commedia Notte prima degli esami, sguardo ironico (anche se prevedibile) sul mondo dei giovani. Con il suo nono lavoro, Forever Young, il regista torna a esplorare un universo di "mai cresciuti", di eterni adolescenti intrappolati in un corpo che non sentono appartenere a loro. E tra le parole chiave suggerite dal titolo e l’omonimo singolo degli Alphaville (intonato da Nina Zilli) che risuona come sveglia mattutina, tutto vuole richiamare quella paura di invecchiare che intacca ogni personaggio nel film. Forever Young è una commedia corale totalmente focalizzata su una cerchia di “modelli” terrorizzati dall’inesorabile scorrere delle lancette dell’orologio. Ma non c’è la minima traccia di realismo, né tantomeno accenni di critica sociale: Brizzi non esce mai dal mondo vivace ed esuberante della sua commedia, resa viva dalle convincenti performance di attori perfettamente a proprio agio nei panni di personaggi che sembrano rispecchiarli. Forever Young, infatti, somiglia a una raccolta di brillanti sketch combinati e incastrati fra loro, che mirano sempre (e solo) a strappare una risate a uno spettatore che non solo si aspetta di sorridere - e non certo una riflessione seriosa e pessimista sul tema - ma che già è stato abituato alla leggerezza delle commedie del regista. Sicuro punto di forza di Forever Young, comunque, è senza dubbio il variopinto repertorio musicale, disseminato di riferimenti a un certo tipo di colonna sonora, che è poi quella amata dal DJ Diego: le note che risuonano e costellano il film sono, oltre quelle dei sovracitati Alphaville, quelle dei Dire Straits, dei Beatles, di Cat Stevens, dei Supergrass, dei Buggles, dei Beach Boys e altre ancora. Il ricordo dei vecchi tempi inevitabilmente genera un sentimento di nostalgia che viene tempestivamente esorcizzato, lasciando ampio respiro e spazio al “giovane dentro” che, rimasto intrappolato negli anni Ottanta, agisce senza riflettere e dà luogo a situazioni e episodi spassosi. Forse è proprio questo, tuttavia, il limite del cinema di Brizzi: auto-relegarsi in un tipo di commedia inconsistente e fine a sé stessa che è un marchio di fabbrica anche quando, come con Forever Young, si sarebbe potuta trasformare in qualcosa di più. Con un linguaggio televisivo, la delicata materia del “per sempre giovani” avrebbe potuto essere trattata tirando in ballo ogni aspetto, includendo in particolar modo quelli meno consolatori e buffi: Brizzi non riesce a essere graffiante e allevia l’amarezza del tema trattato con risa fin troppo distese, laddove ci dovrebbe essere solo un acre sorriso.