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La linea sottile

17/03/2016 11:00

Riccardo Cotumaccio

Recensione Film,

La linea sottile

La linea sottile è un documentario a doppia firma, di Nina Mimica e Paola Sangiovanni, girato e prodotto con l’obiettivo di ricercare le origini della violenza

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La linea sottile è un documentario a doppia firma, di Nina Mimica e Paola Sangiovanni, girato e prodotto con l’obiettivo di ricercare le origini della violenza in due storie profondamente differenti; quella di Michele Patruno, ex militare in missione di pace in Somalia e di Bakira Hase, donna bosniaca sopravvissuta alle violenze della guerra in ex Jugoslavia.


Michele, oggi quarantenne, è un italiano che ha partecipato come militare di leva all’operazione umanitaria dell’ONU in Somalia tra il 1992 e il 1994. L’ex soldato (divenuto poi operaio in una fabbrica di armi) racconta con profonda delicatezza quanto di barbarico è stato commesso dal “branco” in quei giorni caldi e scioccanti. Le violenze sui civili, costellate da ingiustizie gratuite e spesso strazianti, riaffiorano nella mente di Michele in una dolorosa consapevolezza: quella di aver sbagliato, di essere caduto nelle dinamiche tentatrici del gruppo. La storia di Bakira è quella di una vittima: nel ’93 è lei a rompere il silenzio e i pregiudizi sociali sugli stupri subiti durante la guerra, usati come strumento di pulizia etnica. La donna, originaria di un paese nell’entroterra bosniaco, è la prima ad aver testimoniato davanti all’International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia. E per questo hanno più volte cercato di ucciderla.


Come ha evidenziato Paola Sangiovanni «L’opera è nata per dare una voce in più ai milioni di donne vittime di stupri e violenze nel mondo». La pellicola, però, nei suoi 80 minuti, scopre altri nervi tesi. Bakira, ma anche Michele: i due lati della violenza; quella subita e quella commessa. Nessuno dei due protagonisti è giudicato, ma diventa strumento di un racconto obiettivo e non per questo apatico. Due storie così lontane e diverse sembrano intrecciarsi armonicamente, nella cornice di un documentario diretto con estrema delicatezza e coscienza dei propri mezzi. Dall'incedere lento (difetto che sembra indelebile al genere docufilm), La linea sottile regala testimonianze intense impreziosite da immagini forti. Per citarne due: Bakira che scrive la parola «genocidio» con il rossetto su un monumento ai caduti del suo paese d’origine, precedentemente privato di quel termine da un’azione governativa; Michele che, nel terrazzo di casa sua, monta con estrema manualità e disinvoltura un fucile, toccando con mano il suo passato. Il doppio binario narrativo si è trasformato da rischio a pregio, spezzando il ritmo altresì blando di un filone unico.


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