Nadyezdhna è una professoressa d'inglese in una scuola media di una piccola provincia bulgara. La donna scopre che uno dei suoi studenti è stato derubato ed è determinata a scovare il colpevole, dandogli anche la possibilità di redimersi. L'autore del furto però non confessa e nel frattempo la vita dell'insegnante, che vive insieme al marito disoccupato e a una figlia piccola gravemente malata, viene scossa dalla possibile perdita della casa: i debiti infatti, tenuti nascosti dal compagno, permettono alla banca di entrarne in possesso entro tre giorni. Nadyezdhna si ritrova così in una corsa contro il tempo per racimolare l'ingente cifra necessaria ed evitare di finire sulla strada. Se il prologo faceva pensare a un emulo est-europeo del Confessions (2010) di Tetsuya Nakashima, ben presto il lungometraggio d'esordio della coppia formata da Kristina Grozeva e Petar Valchanov propende per altre linee stilistiche che lo accomunano - e non poco - alle dolenti pellicole dei fratelli Dardenne. The Lesson - Scuola di vita si fa infatti opera sporca e a tratti crudele, in un beffardo gioco del contrappasso nel quale la protagonista, donna e mamma coraggio, dovrà venire meno ai propri principi per proteggere ciò che a lei è più caro. Una narrazione amara che ci mette di fronte a un dramma tanto reale quanto contemporaneo, specchio di una situazione sociale ed economica tristemente universale ai tempi della crisi. I registi seguono questa incarnazione del proletariato con uno sguardo ossessivo e vibrante, cogliendo al meglio le intense sfumature della sua straordinaria interprete, Margita Gosheva, che aderisce con toccante mimetismo a un personaggio in balia degli eventi. La messa in scena elementare, al limite del realismo più sanguigno, permette alla forza della vicenda di entrare sin da subito sottopelle, turbando e infastidendo al contempo in un lasso di tempo breve la cui importanza assume però risvolti fondamentali per Nadyezdhna e la sua famiglia, dando modo di introdurre lati controversi e pregni di toccante umanità che ben si esteriorizzano nel cinico epilogo.