Matteo (Simone Riccioni) fa il meccanico, ma sogna la Formula 1. Ha 23 anni e vive con papà , mamma e la sorella, affetta da Sindrome di Down, che accudisce. Quando questa quotidianità viene interrotta da una notizia inaspettata, Matteo parte per un viaggio alla scoperta del proprio passato. Già autore nel 2007 della commedia Chi nasce tondo, secondo lungometraggio dopo Radio West, Alessandro Valori torna alla regia con un'idea sviluppata con gli sceneggiatori Serena De Angelis, Paula Boschi e il contributo di Simone Riccioni, attore protagonista di Come saltano i pesci. Nel primo tempo del film la memoria va subito a Paolo Virzì degli esordi: quello delle storie familiari, dei raccontini di formazione - senza troppo impegno - dotati di una loro poesia, data forse dallo scenario di provincia o dall'attenzione riservata ai personaggi. Come saltano i pesci ha lo stesso candore di una pellicola come Ovosodo, ma non riesce a replicarne l'iconicità forse per il tono talmente medio da risultare inconsistente. I dialoghi sono divertenti ma non abbastanza acuti; gli attori fanno del loro meglio (persino il cinepanettonico Biagio Izzo) senza che nessuno spicchi in modo particolare. La vicenda è leggera, ma il finale non può rinunciare alla classicità narrativa della voce fuori campo. I clichè, inoltre, si sprecano: tra il giocatore d'azzardo, il protagonista (solo fintamente) bravo ragazzo, l'handicap, la bella maledetta e il viaggio da iniziare... le carte in tavola solo chiare sin dal principio. L'avanzamento della trama è così prevedibile che neanche le scene più esplicitamente umoristiche possono scrollare di dosso la sensazione di dejavu. Se lo stile del film è molto più contemporaneo di quanto ci si aspetterebbe, i temi e il tono in cui vengono narrati sono del tutto votati al cinema più diffuso, a storie che ormai hanno stancato persino un veterano come Giovanni Veronesi. Genitori e figli, coppie in crisi, ventenni giramondo. Ma è ancora questa la famiglia italiana? E mentre il dibattito si accende - ovunque tranne che al cinema – di domande molto più assolute e scomode, Alessandro Valori mette in scena un ritratto domestico da anni Sessanta, che ogni tanto si accende di moti sessantottini, ma che mai arriva a rispondere alle domande identitarie degli anni Duemila. Ci sono ancora i figli in fuga, i sogni da raggiungere, gli incontri sbagliati, le rivelazioni che ogni giovane deve scoprire da solo. Il tono scanzonato di Come saltano i pesci, su cui Valori basa gran parte dei propri film (anche quando, come in Radio West i contenuti c'erano) non basta a stemperare una trama da telenovela che cela il più ovvio insegnamento: per conoscere ogni cosa, per apprezzare la propria casa, bisogna uscire dall'acqua calda del nido familiare e affrontare la pericolosa terraferma. Tutto qui?