Approcciare e commentare Grimsby, ultima fatica cinematografica di Sasha Baron Cohen è un’attività spinosa, soprattutto quando si arriva al momento di dover rispondere a due domande: «È un bel film?», «Fa ridere?». La risposta alle due domande è netta, ma opposta: no e sì. Nobby (Sasha Baron Cohen) e Sebastian (Mark Strong) sono due fratelli orfani, cresciuti insieme fino a quando il destino li divide, facendo adottare Sebastian da una ricca famiglia e mandando Nobby in una casa famiglia di un sobborgo disagiato dell’Inghilterra proletaria. Nobby coltiva per quasi 30 anni il sogno di ritrovare suo fratello e, quando questo avviene, si ritrova coinvolto in un’avventura inaspettata e dagli enormi rischi: Sebastian è infatti diventato un agente segreto, che Nobby mette in una condizione difficilissima. Accusato di aver ordito un attentato contro una nota filantropa (Penelope Cruz), Sebastian dovrà trovare il modo di scagionarsi e sventare i piani dei veri terroristi. Il tutto con il suo ingombrante fratello a rimorchio. Una trama da action movie è il raccordo che Sasha Baron Cohen utilizza per creare una serie di situazioni surreali il cui livello di scorrettezza politica, pornografia (anche animale) e demenzialità è talmente elevato da…diventare assolutamente esilarante. Il film si permette bordate a destra e a manca con una tale noncuranza da non offendere nessuno, pur offendendo chiunque. È così abbiamo il bambino palestinese-israeliano su sedia a rotelle e affetto da AIDS che diventa strumento di morte; la classe operaia trattata e descritta come rifiuto della società; razzi infilati nell’ano per salvare l’umanità e quindi condannare il pianeta; i protagonisti nascosti nell’utero di un’elefantessa e involontari “testimoni diretti” di ripetuti accoppiamenti. Le situazioni descritte sono solo alcune di quelle che il film propone e che sarebbero probabilmente molto disturbanti se decontestualizzate. Va ammesso che per molti, a dire il vero, lo saranno a prescindere. Nell’insieme però, Grimsby diverte e riesce a mantenere un buon ritmo nonostante una sceneggiatura che certo non segue la verosimiglianza o la coerenza ma che si permette anche delle soluzioni stilistiche di una certa efficacia. Ad esempio - ed è interessantissimo vista l’uscita contemporanea di Hardcore! di Ilya Naishuller - il regista (voce action di primo piano) Louis Leterrier utilizza per le sequenze in cui Sebastian è calato nel ruolo di agente speciale una soggettiva chiaramente mutuata dai videogiochi, dandole un valore narrativo e stilistico specifico di grande acume e perfettamente funzionale allo scopo prefisso: descrivere la piena focalizzazione dell’agente sul proprio adrenalinico compito, al pari di quanto avviene con l’immedesimazione dei videogiocatori. La satira di Grimsby non risparmia niente e nessuno, nemmeno la satira stessa. Voler trovare una morale al film sarebbe un’impresa persa in partenza: il fine di Cohen è ridere di tutto e ci riesce non rispettando assolutamente nulla; giocando sui sentimenti dei suoi personaggi, sulle loro motivazioni, sulla loro coerenza, canzonando i moralismi ma anche chi dei moralismi si fa beffe. Il risultato è di cattivo gusto, davvero eccessivo. Però fa ridere, e tanto.