Bill Pope (Ryan Reynolds), agente della CIA, viene ucciso e porta con sé informazioni basilari per salvare il mondo da un imminente attacco terroristico. Il dottor Franks (Tommy Lee Jones), però, sviluppa una nuova tecnica scientifica in grado di trasferire la memoria di Pope nella testa di una “cavia” utilizzata per il recupero delle informazioni: il pericoloso detenuto Jerico Stewart (Kevin Costner). Sono passati circa quattro anni da quando Ariel Vromen, al suo terzo lungometraggio, presentava a Venezia l’agghiacciante The Iceman, crime story le cui vicende erano tutte focalizzate sulla figura, realmente esistita, del serial killer Richard Kuklinski. Nel 2016 non abbandona il macrouniverso della criminalità ma con Criminal sceglie di seguire ben altre derive, con risultati meno convincenti. Non è chiaro quale fosse, anzitutto, lo scopo di Vromen con Criminal: se dirigere un action movie imperniato su un complotto mondiale, osteggiato da pochi uomini; se puntasse al thriller fantascientifico che sonda gli oscuri abissi dell’amnesia e del trasferimento di memoria. Nel protagonista Jerico convivono due uomini, due menti e due vite diverse: ne consegue un notevole spunto di riflessione fornito dal sottotesto del “morto” che, riassemblato, può tornare in vita nel corpo di un altro, alla maniera della ben più nota e mostruosa creatura di Mary Shelley. Perché ciò possa avere luogo, tuttavia, si necessita di una cavia: pertanto, Jerico costituisce al contempo l’eroe e la vittima perfetta. Ma non serve nemmeno avviare una ricerca dei numerosi argomenti per rimproverare a Cook e Weisberg la sceneggiatura, dal momento che il film preferisce concentrarsi su scarne coreografie di combattimenti già visti e interminabili inseguimenti che lasciano stordito lo spettatore. Altrettanto poco percettibile è l’intento di tratteggiare i personaggi come tutti colpevoli: riesce impossibile condannare Jerico, spietato assassino “senza emozioni o sentimenti”; troppo meccanico schierarsi contro tutti gli altri criminali, di cui non vengono spiegate le ragioni. Semplicemente, in Criminal esistono buoni e cattivi. Complice un impianto narrativo fiacco e un’organizzazione approssimativa degli elementi della storia, Criminal non riesce mai ad andare oltre il fracassone B-movie che basa il proprio ritmo su battute inopportune (sebbene divertenti) e sequenze d’azione poco accattivanti; che trascura del tutto ogni stimolante spunto fornito dall’abbondante varietà di temi scomodati inutilmente. Non aiutano neanche personaggi bidimensionali, fra i quali un Kevin Costner – per la prima volta nelle vesti di villain – sopra le righe e un Gary Oldman che poco apporta alla piattezza del suo irritante (e sempre irritato) Quaker Wells. In Criminal c’è di tutto e di più, forse troppo. Temi importanti vengono affastellati solo perché si possa spingere sul pedale del solito divertissement scandito dal meccanismo inseguimento-fuga, sparatorie e scazzottate. Peccato che, alla fine, resti solo qualche ingenua risata.