A seguito della morte dell'ex giocatore di Football dei Pittsburg Steelers Mike Webster (David Morse) dovuta a un infarto, il patologo forense Bennet Omalu (Will Smith), eseguendo l'autopsia sull'uomo, scopre che il vero motivo del decesso di Webster è una grave malattia chiamata Encefalopatia traumatica cronica, dovuta ai ripetuti traumi cranici subiti sul campo da gioco. Ma la NFL non ammette il problema e tenta di screditare Omalu, che dovrà lottare per far emergere la verità sulla malattia e sui rischi che corrono i giocatori. Zona d'ombra – Una scomoda verità (in originale Concussion) trae ispirazione dall'articolo "Game Brain" scritto per GQ nel 2009 dalla giornalista Jeanne Marie Laskas: la storia di Bennet Omalu, il medico che scoprì la CTE, una malattia degenerativa del cervello degli sportivi sottoposti a colpi in testa - come i giocatori di football - e della sua battaglia contro l'omertosa Lega Nazionale di Football Americana. Scritto e diretto da Peter Landesman, alla seconda regia dopo Parkland (2013), il film è valso a Will Smith la candidatura a Miglior Attore Protagonista ai Golden Globe 2016. Peter Landesman realizza con Zona d'ombra, un film che si muove sui tracciati sicuri e convenzionali del biopic più classico, implementandolo con il contesto del dramma sportivo e dell'opera civile. Il riferimento evidente, anche se qui non si parla strettamente di giornalismo, è sempre il cinema “verità” e di impronta civile della Hollywood anni '70, sotto il nume tutelare di Tutti gli uomini del presidente. Landesman, che non regala mai alcun spunto di regia interessante ma si limita a imbastire un'opera didascalica, guarda come vetta irraggiungibile a Insider di Michael Mann, pur se le tematiche sono differenti. Perché Zona d'ombra è fin troppo simile a tanto altro cinema recentemente visto nelle sale, da Il Caso Spotlight a Truth – Il prezzo della verità, fino e forse - non è un caso - a La regola del gioco del 2014 sceneggiato dallo stesso Landesman. Nulla toglie che l'intenzione sia sempre nobile e giusta, ma Zona d'ombra è l'ennesimo e scialbo tentativo di riportare in auge un cinema retorico e fuori tempo massimo, raccontando in maniera banale e stanca la lotta di un uomo solo contro un grande potere che vuole insabbiarla. Ormai c'è da chiedersi che senso abbia un'opera simile, che racconta tutto allo stesso modo senza che lo sguardo e le pieghe della desolante linearità della storia possano guardare altrove e proporre ambiguità. Come ad esempio l'ossessione un po' malata degli americani per il football e per lo spettacolo a tutti i costi. Ma, del resto, in un film che viaggia sicuro sulle proprie certezze di racconto e sul proprio anonimo stile è complicato farlo.