Ci sono vite che è possibile condensare in un’unica, lunga, giornata: vite sbagliate, perse, vite non vissute, i cui avvenimenti salienti o che vale la pena ricordare sono così pochi da racchiudersi in poche righe. A volte, basta una sola giornata per cambiare delle vite, e nonostante i piani e le decisioni progettate sin nei minimi dettagli, poche ore possono stravolgere tutto. Anica (Anica Dobra) finora ha buttato via la propria vita dietro amori sbagliati, tra le scale e i cortili della cupa periferia di Belgrado, dove tutto sembra essersi fermato e la vita scorre scandita dalle regole di vecchi criminali di quartiere. Milutin (Fedja Stojanovic), il suo uomo, è un boss stanco e ormai poco considerato, fiaccato dagli anni e da ferite che porta nel cuore e nel corpo: un amore mai dimenticato, una figlia malata e un ultimo dolore, il cancro. Milutin non ama Anica, se non di quell’affetto che unisce le persone sole, tristi, che cercano un appiglio cui aggrapparsi. Anica non ha quindi più niente che la tenga legata a Belgrado: il furto della cassa del solarium di Milutin e il ritorno alla sua terra di origine, la Russia, organizzato da tempo, rappresentano la sua ultima possibilità per ricominciare da capo. Ma proprio quando ormai ogni decisione sembra presa, tra saluti e regali ai pochi amici e parenti, la donna si imbatte in un incontro che potrebbe mettere in discussione tutto, quello con Stanislav (Vuk Kostic). Stan, braccio destro di Milutin e da anni segretamente innamorato della moglie del boss, decide finalmente di uscire allo scoperto, nell’intento di mostrarle la possibilità di un nuovo inizio insieme, senza abbandonare ciò che, nonostante tutto, lega entrambi a quei luoghi. Un solo giorno per un breve viaggio tra ricordi, parole non dette, vite a perdere e desideri inesauditi porteranno entrambi a guadarsi dentro e a prendere decisioni che prima era impossibile calcolare. Con Amore e altri crimini il regista Stefan Arsenijevic presenta una personale riflessione sulla Serbia contemporanea dopo l’era Milosevic, dove molti dei criminali allora osannati, sono ora dimenticati e lasciano il posto ai nuovi eroi branditi dall’era del consumismo. Ma la storia di Arsenijevic è principalmente la storia di uomini, di donne, relegati a vivere in angoli dimenticati dal mondo, chiusi tra scale anguste e piloni di cemento, condannati ad una vita che vorrebbero diversa, ma che non possono cambiare, non senza sacrificare un po’ di se stessi alla solitudine. I protagonisti del film sono come i palazzi di Belgrado in cui lo spettatore perde il proprio sguardo: vertiginosi e attaccati gli uni agli altri, relitti di un epoca in declino, ma animati da quel desiderio di puntare verso l’alto, di staccarsi da tutto e tutti. Un film basato su una storia semplice, i cui dialoghi sono ridotti all’osso, e tutto si concentra su sguardi, vicinanze e parole taciute. A fare il resto sono gli ambienti, freddi, cupi e statici, co-protagonisti silenziosi di storie umane congelate, pronte a sciogliersi nel calore di un abbraccio.