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Moulin Rouge

13/06/2009 11:00

Antonella Sugameli

Recensione Film,

Moulin Rouge

Può il palco rappresentare la vita vera? E la vita vera può tramutarsi, invece, in finzione da palcoscenico? Parigi, XX secolo...

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Può il palco rappresentare la vita vera? E la vita vera può tramutarsi, invece, in finzione da palcoscenico? Parigi, XX secolo. Christian (Ewan McGregor) bohemien poco consapevole e squattrinato, alla ricerca dell’ispirazione per il primo romanzo, prende in affitto una camera d’albergo. Grazie ad una circostanza del tutto casuale, incontra personaggi stravaganti e inusuali, artisti del decantato e malfamato locale "Moulin Rouge", l’anima della Francia, in cui è possibile trovare le più belle ragazze mai viste. In quel postribolo di perdizione e lussuria il ragazzo conosce Satine (Nicole Kidman), il diamante splendente, la star del Moulin Rouge, la donna che amerà per sempre. Baz Luhrmann regala emozioni al suono di luci sfavillanti e canti d'amore. La poesia incontra il cinema, l’arte si mescola alla musica, la fantasia alla realtà e tra romanticismo e dramma shakesperiano, il regista osa sfidare ancora il suo pubblico.


Il periodo di gestazione tra un film ed un altro non è casualmente lungo. Il progetto Moulin Rouge, come Romeo+Juliet nel 1996, nascono da un’idea azzardata ed ambiziosa del regista, in assoluto il più originale e visionario della contemporaneità, abile nella caratterizzazione dei personaggi e in grado di inventare nuove forme da antiche sostanze. Un maestro sapiente dalla visione totalizzante di un film: dal ballo, alla coreografia, al ritmo, coadiuvato in ogni progetto da Donald Mc Alpine, direttore della fotografia e da Jill Bilcock artista del montaggio.


Il film è strutturato in due parti, nella prima prevalgono atmosfere goliardiche, siparietti comici, musiche travolgenti; nella seconda parte la trama vira verso toni più cupi, dalla commedia si passa al melodramma, fino al tragico parossismo del finale, in cui la speranza di un lieto fine, lascia il posto all’amarezza di un amore eterno e inutilmente osteggiato. Christian è un bohemien dallo sguardo ottimista e dal cuore puro. Per caso conosce Satine, la star del Moulin Rouge, e da quel momento nulla sarà più come prima. Baz Luhrmann sa regalare momenti di puro divertimento, come quando un’esilarante Nicole Kidman nei panni di una cortigiana ninfomane cerca di irretire un impacciato Ewan McGregor nelle vesti di un casto scrittore squattrinato. Le scenografie di Chaterine Martin evocano scenari esotici e luoghi già noti della Francia di fine secolo. La colonna sonora, quasi interamente non originale, e che annovera grandi successi pop (da Lady Marmalade, a Your song) cantati, in un sapiente e surreale gioco anacronistico, in epoche lontane, fanno da traino per proiettare il pubblico nel dramma, affinché insieme ai personaggi si soffra, si gioisca, si viva, catapultati in un mondo a metà tra sogno e colore. Il culmine della perfezione nel film (in cui canzone, danza e drama si compenetrano vicendevolmente) è raggiunto nella scena del tango, attraverso le travolgenti sequenze parallele di Satine, cortigiana venduta al duca per salvare il Moulin Rouge, e Roxanne prostituta dei sobborghi argentini, mentre un impaziente e furioso Christian canta il suo dolore tra i passi sferzanti, appassionati di un ballo che in musica rende mirabilmente il sentimento d’amore frustrato. Roxanne e Satine sono accumunate dallo stesso destino di sofferenza: l’una regina del vizio, imperitura schiava d’amore; l’altra regina del palco, riscattata dal vizio grazie all’amore. Un film trascinante, commovente, esilarante. Il capolavoro di Baz Luhrmann.


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