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Immagina che

16/06/2009 10:00

Roberto Semprebene

Recensione Film,

Immagina che

Dopo una serie di film non propriamente esaltanti, Eddie Murphy si cimenta con una commedia per famiglie che non aggiunge niente al genere, ma risulta una decli

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Dopo una serie di film non propriamente esaltanti, Eddie Murphy si cimenta con una commedia per famiglie che non aggiunge niente al genere, ma risulta una declinazione estremamente gradevole e delicata del tema "conflitto famiglia/lavoro”. Evan (Eddie Murphy), classico cavallo di razza della finanza americana, broker dal grande fiuto che dedica tutto se stesso al lavoro. si trova in competizione con Whitefeather (Thomas Haden Church), un collega che si affida a sogni e intuizioni “da indiano” per cercare di sottrargli clienti importanti. A complicare la sua situazione c’è anche la figlia Olivia (Yara Shahidi), affidatagli - per la settimana di "turno" - dalla moglie, con la quale Evan è separato. Olivia è una dolcissima bambina che, come il Linus schulziano, porta sempre una coperta al suo seguito, oggetto con la quale è in grado di entrare in un mondo di fantasia abitato da regine e principesse. La bambina passa molto tempo a parlare con questi personaggi immaginari, suscitando la perplessità e il fastidio del padre, almeno fino a quando tali principesse immaginarie non iniziano a dargli clamorosi suggerimenti finanziari. Il progressivo avvicinamento fra padre e figlia, porta all’improrogabile scelta finale fra il raggiungimento del culmine di una carriera o il definitivo consolidamento degli affetti familiari.


Eddie Murphy torna finalmente a vestire i panni di un personaggio simpatico e credibile, che non necessita né della sua notissima risata né di ore di trucco per risultare divertente e coinvolgente. Evan è un padre moderno, soffocato dal lavoro al punto di perdere di vista l’importanza dei rapporti famigliari. Il magico espediente delle principesse gli consente di ottenere successo nel lavoro dedicandosi a sua figlia, facendogli scoprire il piacere di un rapporto al quale la vita e i tempi moderni lasciano sempre meno spazio. Il rapporto con Olivia è costruito in maniera sobria e delicata, senza rinunciare a tutti i cliché che il genere impone, ma risultando comunque molto piacevole da seguire. Questo si deve anche alla simpatia di Yara Shahidi, che porta sulla scena un personaggio ben delineato, raramente sopra le righe, spesso più consapevole, rispetto al padre e a dispetto della sua età, delle dinamiche e dei rapporti genitore/figlio. Intorno ai due protagonisti si muove tutta una serie di personaggi la cui rilevanza per l’economia del film è limitata allo stretto necessario, salvo il buffo antagonista Whitefeather e le sue stramberie da indiano new age. Si tratta in definitiva di un buon film per famiglie, una commedia diretta da Karey Kirkpatrick in modo lineare e pulito, con messaggi semplici, talvolta stereotipati, comunque prevedibili, ma non per questo non condivisibili.


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