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Le comiche

27/06/2009 10:00

Davide Tecce

Recensione Film,

Le comiche

Due comici squinternati, durante la proiezione cinematografica di un loro sketch, riescono ad uscire dal grande schermo per approdare alla realtà...

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Due comici squinternati, durante la proiezione cinematografica di un loro sketch, riescono ad uscire dal grande schermo per approdare alla realtà. Cercano allora di guadagnarsi da vivere intraprendendo diversi mestieri (imbianchini, benzinai, operatori economici, addetti alle pompe funebri, turisti marittimi, mafiosi), col solo risultato, però, di combinare disastri a mai finire.


La comicità di Neri Parenti irrompe nello scenario degli anni ’90 con una pellicola da non sottovalutare. Le comiche si pone quale obiettivo primario quello di intrattenere lo spettatore senza troppi fronzoli, ma non per questo merita di venire automaticamente ridotto a mero divertissement privo di altre pretese. Appare anzi degno di interesse il discorso meta-cinematografico intrapreso, tra il film in se stesso e il suo significato in quanto medium, in quanto forma di espressione. Non si tratta certo di un dato assolutamente innovativo, eppure è convincente l’utilizzo che ne viene fatto a scopo ironico: diversi momenti, dall’inizio della pellicola alla sua conclusione, attestano il raggiungimento di buoni risultati, attraverso la presenza di efficaci sequenze elaborate in modo più ingegnoso del consueto.


In questa prospettiva di fondo si aggiungono tutta una serie di gag più o meno riuscite che attingono alle fonti sacre del genere comico, ispirandosi ora a Stanlio e Ollio (cui viene fatto corrispondere il nostrano duo Villaggio-Pozzetto e il tipo di ironia esplosivo-catastrofica), ora all’immaginario di Buster Keaton (diretta è la citazione nella scena iniziale del treno, che reinterpreta a modo suo una delle immagini chiave de Il Generale - Come vinsi la guerra del 1926), ora alla stessa figura fantozziana (perpetuata ed esasperata nelle grottesche espressioni gutturali di Villaggio). Tale impianto stilistico e narrativo è infine calato in una trafila incalzante e ininterrotta di situazioni, le quali, partendo da spunti inizialmente verosimili, sfociano presto nell’esito più assurdo e rovinoso che ci si possa attendere; disegnando, in questo modo, momenti dal taglio dissacrante (la scena in chiesa), cinico (il funerale), surreale (gli sketch nell’hotel e al mare), oppure perfettamente buffonesco (le gag dei benzinai e dei mafiosi). Il risultato è una pellicola apprezzabile e sicuramente divertente, che attraverso il suo approccio perspicace si innalza sopra la media delle commedie italiane degli anni ’90.


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