Una giovane coppia di svitati rapisce uno dei cinque figli di Nathan Arizona, magnate dell'economia USA, rivendicando il loro diritto, seppur in maniera trasgressiva, di avere un figlio. La mescolanza dei generi è sempre stata, sin dagli inizi della loro carriera, uno dei punti forza dell'attività cinematografica dei Coen, in questo film più degli altri. La perfetta mistura di commedia, melodramma, grottesco, humour nero, ne fanno uno dei più ammirevoli esempi dello stile narrativo e visivo dei famosi registi. Nel raccontare una storia spinta ai limiti dell'eccesso, i Coen tessono una tela composta da innumerevoli variazioni, deviazioni, situazioni paradossali; si nota così che, come in tutte le arti, la sperimentazione e il coraggio di intraprendere più metodi stilistici permettono di fuoriuscire da una staticità collaudata e superare le barriere poste dall'egemonia cinematografica comune. Niente è decisivo nel film: né la qualità visiva, né la sceneggiatura (seppur magistralmente organizzata), né gli interpreti (uno stralunato Nicolas Cage e una vispa Holly Hunter); ogni cosa acquista energia se collegata saldamente alle altre. Si assiste così ad una divertente sfilata di generi e sottogeneri che danno la sensazione di una “mitologica giostra del cinema” costruita sulle fondamenta di una graffiante, caustica e sarcastica visione dell'umanità. Ricco di battute, colpi di scena, situazioni divertenti, il film si svolge all'interno di una strabiliante atmosfera a metà strada tra Kafka e Monty Python, sorvegliato dall'angelo custode dell'ironia e improntato sul versante parodistico, le cui forme sono costantemente accentuate. È anche, se si vuole, un ottimo esempio di “collage cinematografico”, una bizzarra e stravagante metafora dell'America e dei suoi “perdenti”, ma raccontata con una dignità e un affetto di rara intensità. Gli intermezzi umoristici e le ciniche riflessioni sulla società USA conducono ad un'attenta e acuta analisi del cosiddetto “american way of life”.