Il sesto episodio della saga di Harry Potter riprende le fila di una narrazione che, a partire dal precedente episodio, non permette una divisione così netta fra i capitoli, contrariamnte a quanto avveniva per le vicende autoconclusive delle prime quattro pellicole. Il Principe Mezzosangue inizia infatti proprio dove L’Ordine della Fenice si era fermato, con Harry sempre più coinvolto da Silente nella lotta contro Voldemort, in un’atmosfera cupa e opprimente che travalica i confini del mondo magico e si diffonde alla realtà babbana. In questo contesto, mentre Lucius Malfoy finisce ad Azkaban e nel mondo magico imperversano i Mangiamorte ancora liberi, Silente e Potter convincono il Professor Horace Lumacorno (Jim Broadbent) - un personaggio che si rivelerà determinante per lo sviluppo degli eventi - a riprendere il suo posto di insegnante di pozioni presso la scuola di magia. Il successo della loro missione introduce il sesto anno di apprendistato dei giovani maghi, durante il quale le attenzioni di questi si spostano evidentemente dallo studio della magia all’incontro con l’altro sesso, in un fiorire di situazioni amorose che coinvolgono i protagonisti, con gelosie e nuove relazioni. Su questo sfondo adolescenziale, Harry combatte la propria guerra personale contro Draco Malfoy, sospettato di essere un Mangiamorte, aiuta Silente nelle sue ricerche e, soprattutto, ritrova un libro, appartenente al Principe Mezzosangue e da questi abbondantemente appuntato, che gli permetterà di ottenere straordinari successi, soprattutto durante le lezioni di pozioni. La grande somiglianza nelle atmosfere fra L’Ordine della Fenice e Il Principe Mezzosangue è palese e si deve, oltre che alla sceneggiatura, alla mano di David Yates, regista di entrambi gli episodi, nei quali ricorrono elementi come il viraggio al grigio-blu, l’uso delle ombre e delle panoramiche spettacolari, una certa attenzione per l’espressione dell’interiorità dei personaggi. Rispetto al precedente, Il Principe Mezzo Sangue è maggiormente improntato alla riflessione e si caratterizza - oltre che per un inedito, evidentissimo product placement nelle scene iniziali - più per i dialoghi che per le scene d’azione: probabilmente si tratta del capitolo della serie più difficile da trasporre in pellicola, in virtù della grande densità e complessità narrativa del libro. Ciononostante, Yates è riuscito a realizzare un degno adattamento, che sarà probabilmente maggiormente apprezzabile a posteriori, in quanto, seppur meno valido come film autonomo, non fallisce nel preparare il terreno (e gli spettatori) ai due film conclusivi.