Gli ultras. Le famigerate tifoserie legate alle squadre di calcio, “eserciti” compatti e gerarchicamente organizzati che riempiono e colorano le curve degli stadi di tutto il mondo, pronti a seguire e incitare i propri beniamini comunque e dovunque. Gruppi coesi da un senso di fratellanza e comunione così elevato da renderli spesso come un’unica entità, che hanno nello scontro con le fazioni opposte e le forze dell’ordine una valvola di sfogo sociale, vero e proprio “fine ultimo” della loro dimensione distorta e antietica. Se l’obiettivo della Poker Entertainment è quello di affrontare problematiche sociali qualche frase fatta sui sacrifici di cui si fanno carico i tifosi e sulla violenza connaturata alla vita di ogni giorno non aiuta sicuramente a centrarlo. L'ultimo ultras rimane in superficie, non riesce a cogliere la mentalità o la filosofia di fondo delle tifoserie organizzate. Il mondo degli ultras resta solo uno sfondo su cui il regista indipendente Stefano Calvagna proietta una storia di rimorso e redenzione che vede protagonista Luca (lo stesso Calvagna), responsabile della morte di un tifoso avversario durante uno scontro fuori dallo stadio. Fuggito in un paese nei pressi del lago di Como sotto falso nome, frequenta la prostituta Rachele (Federica Famea) e si mantiene con le vincite ai cavalli ritirate all’ufficio scommesse dove è cassiera Marina (Francesca Antonelli), ragazza della quale si invaghisce. La sua vita viene regolarmente stravolta ogni domenica, quando si infila puntualmente nel settore ospiti dello stadio locale per cercare lo scontro con i tifosi di casa, guidati a loro volta da Bruno (Giancarlo Lombardi). La sua voglia di violenza, il suo tormentato rapporto con i genitori e la sua storia con Marina si intrecceranno fino all’intricato finale. Purtroppo quello che arriva agli occhi dello spettatore è una rabberciata matassa di sterili rivelazioni e colpi di scena a volte scontati, a volte davvero surreali e quasi spudorati; non fanno miglior figura i dialoghi, intrisi di clichè: l’anziano genitore che non capisce la fame di scontri del figlio; la vita, “madre naturale” della violenza, delle cui conseguenze si rifiutano le responsabilità; fino alla facile apologia del tifoso data a bere a un attonito Shevchenko nel bagno di un ristorante. Anche gli attori, Calvagna in primis, sembrano poco convinti e credibili conferendo all'intera opera un sentore di precarietà e confusione ben incarnato dal personaggio di Alice, una giovane violinista vicina di stanza di Luca, presentataci come “presenza onirica” ma in realtà gettata nel calderone quasi per caso, senza alcun peso all’interno della vicenda. Senza fare processi alle intenzioni, quel che poteva essere un film di denuncia, o un coinvolgente documento sociale, si rivela una piccola soap-opera nata sull’onda lunga dell’attenzione popolare e mediatica dedicata all’“argomento ultras” dopo i fatti di cronaca delle ultime stagioni sportive, tra tutti l’omicidio del tifoso laziale Gabriele Sandri alla stazione di servizio di Badia al Pino nel Novembre del 2007. In sostanza, L’ultimo ultras è un film che non riesce assolutamente a cogliere nel segno, facendo rimpiangere pellicole come Hooligans, The firm o The football factory; il cinema indipendente italiano ha bisogno di appoggio e collaborazione ma stavolta si chiede l’impossibile.