Merzak Allouache ha presentato alle Giornate degli autori del 66° Festival del cinema di Venezia, il suo ultimo lavoro di grande attualità politica e sociale. Il regista e produttore algerino ha esordito nel cinema nel 1976 e, negli anni ’90, ha cominciato a trattare il tema dell’immigrazione con Salut cousin. Il nuovo film è dedicato a tutti gli harragas (letteralmente “coloro che bruciano”), clandestini che distruggono i loro documenti prima di avventurarsi in mare per raggiungere le coste europee. Il regista segue la storia di due amici algerini, Rachid (Nabil Asli) e Nasser (Seddik Benyagoub), che da un anno progettano di lasciare il loro paese per arrivare in terra francese. A loro si unisce anche Imène (Lamia Boussekine), sorella di un amico morto suicida e fidanzata di Rachid, stanca di vivere in un paese che mette “in prigione” soprattutto le donne. I tre condivideranno insieme ad altri africani la disperata condizione di profughi, e su una barca instabile, troppo piccola per contenere tutti quei passeggeri, il lungo viaggio verso la speranza, minacciata dalla presenza di un armato e pericoloso sconosciuto a bordo. Come ha raccontato lo stesso Allouache al festival del Lido, il film racconta uno dei tanti viaggi drammatici e pericolosi di coloro che cercano di abbandonare, insieme al loro paese, anche povertà e miseria, vedendo nell’Europa la possibilità di realizzare i propri sogni. La barca, persa in mezzo al mare, nell’alternanza di giorni e oscurità, diventa un piccolo universo chiuso, abitato da coloro che non hanno la possibilità di transitare liberamente in paesi e nazioni, che non hanno niente da perdere, pronti a lasciare la propria identità per assumerne una nuova. Il regista, insieme all’attore Nabil Asli, qui alla sua prima esperienza cinematografica, ha sottolineato che la principale difficoltà è stata girare le scene su un’imbarcazione così piccola, in mezzo al mare. Nonostante il grande coraggio incarnato dai suoi personaggi, il film non vuole portare un messaggio di incoraggiamento ad affrontare un viaggio rischioso, come quelli di numerose migrazioni che attraversano il mare su imbarcazioni che non garantiscono la sopravvivenza. Il film vuole essere invece una spinta in più a cambiare le cose nei paesi stessi, soprattutto per le nuove generazioni.