1982: un'astronave colma di alieni finisce sulla terra a Johannesburg, in Sud africa. I cosmonauti simili a dei rivoltanti crostacei giganti, vengono segregati in una bidonville situata nel Distretto 9 per non infastidire il resto della popolazione locale. Vengono chiamati “gamberoni” dalla razza umana, e tenuti sotto controllo da un'organizzazione nota come Multi National United (MNU) che, apparentemente, si occupa di fornire loro l'aiuto necessario alla sopravvivenza. Vent'anni dopo, la popolazione aliena si è quantuplicata a dismisura ed il governo si è visto costretto a prendere la decisione di spostarli in un'altra zona della città, il Distretto 10, delegando l'ordine di sgombero alla MNU. A capo dell'operazione viene messo Wikus Van De Merwe, uomo di scarsa intelligenza e del tutto privo di carisma, genero dell'amministratore capo della MNU. Wikus, per sua sfortuna, viene a contatto con un ridotto ma potentissimo quantitativo di “fluido”, una sostanza in grado di cambiare irrimediabilmente il DNA umano, mutandolo in quello alieno. Al contrario delle sue ingenue aspettative, l'uomo non troverà l'appoggio e la solidarietà della sua razza, anzi: l'obiettivo primario degli scienziati sarà quello di poterlo studiare in modo da comprendere l'utilizzo delle devastanti armi dei gamberoni, funzionanti solo quando a contatto con i geni umani. Qualunque appassionato di cinema, fantascienza e “cattivo gusto”, attende sempre speranzoso un capolavoro della portata di District 9, opera prima del trentenne Neill Blomkamp, prodotto dal sempre eccellente Peter Jackson. Oltre all'intenso e appassionate svolgimento, il film vanta una varietà di temi tanto profondi quanto ben resi che lo elevano, fin dalle prime inquadrature, a grandioso film d'autore. Fa piacere notare come, a dispetto dei grandi vecchi, il cinema di un certo livello si sia spostato sempre più verso storie surreali e racconti dinamici. Girato a metà tra il mockumentary ed uno sci-fi, District 9 vuole, in primis, portare su schermo la devastante realtà dell'emarginazione sudafricana vissuta nell'apartheid e nei campi profughi che, ogni giorno, passano inosservati nonostante la loro disumanità. Il secondo aspetto più importante è proprio l'umanità messa in discussione, il politicamente scorretto che il film ha il coraggio di mostrare, rappresentando all'inizio (appunto con stile documentaristico) l'orrenda immagine che media e governo vogliono dare degli alieni, per poi - in seguito - approfondire i forti legami di questi ultimi, tanto da far avvicinare lo spettatore più ai gamberoni che alle forze armate. Un'umanità rappresentata come una sorta di parassita, pronta a scontrarsi con se stessa in assenza di un nemico comune e sempre felice di fiondare la propria rabbia sull'anello più debole ed incompreso della società. Splendido aspetto del film risulta la rappresentazione del protagonista come un uomo patetico, vigliacco ed egoista, in grado di trovare il senso più profondo dell’umanità solo divenendo un alieno. Devi toccare la fiamma per capire che brucia, il messaggio è tanto elementare quanto disarmante. Piuttosto che cercare di comprendere come un popolo così evoluto e diverso abbia vissuto finora, conoscerne la tradizione e la cultura, l'unico interesse di un'umanità bigotta e impietosamente xenofoba è che questo vada via senza tornare più. Capolavoro, e non di genere.