Un gesto piccolo, irrilevante, irresponsabilmente infimo se paragonato alla tragica enormità della dittatura Cilena, una delle più cruente e sanguinose della storia dell’umanità, un gesto che è stato tutto tranne che insignificante, frutto di coraggio, audacia e irriverenza, che ha fatto parlare tutto il mondo e che ha trovato nell’eleganza del tennis la nota giusta per far calmare gli animi di un’Italia in ebollizione. Mimmo Calopresti torna, dopo 33 anni, a parlare della meravigliosa scelta di Adriano Panatta di indossare, per la finale di Coppa Davis giocata nel Cile dilaniato dalle spiccate attitudini dittatoriali del generale Pinochet, una maglietta rossa in segno di protesta contro il golpe che tre anni prima aveva rubato la vita ed il potere di Salvador Allende e che proprio in quello stadio aveva messo sistematicamente a tacere più di duemila oppositori. La bravura di Calopresti sta nel non focalizzare l’attenzione solamente sulla contestatissima partecipazione italiana alla finale di Santiago del Cile, ma nell’alternare, attraverso un sapiente montaggio, le immagini di quell'evento a monologhi ed interviste dello stesso Panatta sull’essenza stessa del tennis come sport semplicemente elaborato ed innegabilmente elegante. Cosi il documentario sposta la mira dello spettatore dal famoso slogan “Pinochet sanguinario, Panatta milionario” alle appassionanti rivelazioni di Adriano Panatta sul personale significato del tennis, sulle divertentissime partite tra il campione e Paolo Villaggio, Ugo Tognazzi o Vittorio Gassman, creando cosi un ideale percorso che parte dall’infanzia di Panatta ed arriva nello stadio di Santiago del Cile. Insomma un docu-film costruito e legato senza sbavature, che ha il merito di parlare di un argomento che ha appassionato ed animato milioni di italiani e che ha trovato nella romantica eleganza dello sport il punto di contatto tra tutte le correnti di pensiero dell’epoca e odierno.