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Per un pugno di dollari

21/11/2009 12:00

Danilo Cristaldi

Recensione Film,

Per un pugno di dollari

In una cittadina messicana di frontiera arriva un pistolero sconosciuto che cerca di mettere contro le principali famiglie criminali del paese, dividendosi tra

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In una cittadina messicana di frontiera arriva un pistolero sconosciuto che cerca di mettere contro le principali famiglie criminali del paese, dividendosi tra le due fazioni e traendone i propri vantaggi. Sin dai primi minuti si ode la frase “Tutti qui sono o molto ricchi o morti”; è il sunto emblematico di questo western italo-ispanico che fece scalpore in Italia (ma anche all’estero) sia perché diverso da quelli americani sia per l’uso che fa della violenza al cinema, influenzando non poco, futuri registi di fama internazionale come Sam Peckinpah e lo stesso Kubrick.


Il film prende spunto da una precedente pellicola di Akira Kurosawa (La sfida del samurai), con uno stile completamente diverso. Non privo di negligenze né di pecche (tratti di superficialità narrativa, ambientazione approssimativa) possiede una suggestiva energia cinematografica. Sorretto da un impianto teatrale, sia dal punto di vista estetico che strutturale (con le entrate e le uscite dei vari personaggi), trova il suo timbro narrativo nell’intrigo elisabettiano e nel suo raffinato cinismo; è anche, seppur in maniera superficiale, una ballata macabra sul potere del denaro. Volutamente rozzo e barbaro, è caratterizzato da un umorismo sardonico che ne stinge l’ambizione. Il tema del mito è qui innalzato alla sua massima espressione, riducendo il contenuto ad una forma surreale, quasi fantastica. Oltre all’estetica innovativa (i celebri tempi dilatati di Leone), si percepisce un originale approccio verso quelli che saranno i temi preferiti del regista: avidità, vendetta, morte, qui affrontati e osservati attraverso la lente deformante del grottesco e di un malizioso e dissacrante umorismo. Leone non è ancora ai livelli di C’era una volta il west, la sua legna è ancora verde, ma buona. Il film diede fama mondiale a Clint Eastwood, definito dallo stesso Leone «un attore con due sole espressioni: col cappello e senza»; ma donò anche al cinema un’infinità di future citazioni e omaggi “nascosti”, come affermerà anche in seguito Quentin Tarantino; da qui deriva anche la sua importanza. Ottimo il cast dei tecnici (oltre a quello degli interpreti con un Gian Maria Volonté in gran forma) composto da Jack Dalmas (fotografia), Ennio Morricone (musiche), scene e costumi Charles Simons; tutti italiani che si celano sotto pseudonimi. Grande successo di pubblico mondiale con ben 2 miliardi di incasso.


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