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Ong-Bak 2 - La nascita del dragone

10/02/2010 12:00

Giacomo Ferigioni

Recensione Film,

Ong-Bak 2 - La nascita del dragone

Sono passati cinque anni da quando Ong-Bak - Nato per combattere si affacciava timidamente nelle sale di casa propria; tutto ciò che sarebbe accaduto dopo - l'a

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Sono passati cinque anni da quando Ong-Bak - Nato per combattere si affacciava timidamente nelle sale di casa propria; tutto ciò che sarebbe accaduto dopo - l'acquisto dei diritti da parte dell'EuropaCorp di Luc Besson, l'esportazione, il successo - ha contribuito solo a formare quell'alone di (supposta) leggenda intorno al film e al suo protagonista. Nata come pellicola di nicchia, che puntava ad un pubblico ben preciso e di ciò s'accontentava; ne veniva fuori un gongfupian dal gusto classico nella confezione (esaltato dalla regia artigianale di Prachya Pinkaew) e dalla stesura sbrigativa ma diligente quanto bastava. A conquistare del tutto l'appassionato del genere pensava Tony Jaa (vero nome Panom Yeerum), attore dalle qualità recitative poco esaltanti ma performer marziale d'incredibile effetto.


Visti i risultati, non era difficile immaginare un ritorno sulle scene; sarà ben più arduo capire, per lo spettatore inconsapevole, il legame tra Ong-Bak 2 - La nascita del dragone al fortunato predecessore: Panna Rittikrai - che di solito figura solamente come coreografo, ma qui è anche unico sceneggiatore - ha preso la definizione di prequel e l'ha "stirata" al punto da rendere il collegamento tra i film financo pretestuoso. La Bangkok (quasi) contemporanea del primo episodio viene abbandonata in favore della Thailandia ben più rurale di oltre cinquecento anni prima, in un quadro di dominii e conflitti che fa da sfondo alla vicenda del giovane Tien, bramoso di vendetta dopo aver visto i propri genitori ammazzati dagli sgherri di Lord Rajasena (Sarunyu Wongkrachang). Tien crescerà imparando diversi stili di arti marziali in un gruppo di guerriglieri capitanati da Chernung (Sorapong Chatree); una volta diventato il combattente più forte di tutta l'Asia, tornerà nei luoghi della sua infanzia per chiudere i conti.


La nuova cornice storica, sicuramente più pittoresca, non cambia le carte in tavola; la trama rimane come di consueto un escamotage per mostrare le acrobazie del protagonista, che dal canto suo adotta molti più stili di combattimento rispetto al primo capitolo (Muay Boran, Kenjutsu, Silat, Zui Baxianquan, Wing Chun, Hung Gar), si gingilla con un lungo elenco di armi bianche, combatte coi coccodrilli e balza da un elefante all'altro. L'attore prende inoltre il posto, in cabina di regia, di Pinkaew, che compare solo fra i produttori. La veste di Ong-Bak 2 è nuova e al passo coi tempi, colorata e luminosa, ambiziosa e quindi magniloquente; ma è anche tremendamente anonima e - pur sposandosi con le esigenze richieste dall'affresco storico - fa rimpiangere lo stile vagamente vintage del primo episodio. E mentre la trama s'arricchisce di colpi di scena e finali aperti per un seguito prontamente annunciato, speranze e attese dei fan sono destinate a scontrarsi con un film sì ambizioso, ma anche tremendamente arruffone e generico.


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