Una delle tematiche che affascina di più l'uomo nell'ambito della letteratura fantascientifica è senza dubbio quella che risponde (o, perlomeno, tenta di farlo) alla difficile domanda “e se la civiltà come la intendiamo, da un giorno all'altro, scomparisse, cosa succederebbe all'umanità?”. Che sia per colpa di invasori alieni, macchine ribelli, folli virus sfuggiti al controllo o guerre nucleari, quasi sempre il risultato è stato previsto in termini di morte e distruzione, oltre che di ritorno alle leggi tribali. Uno dei film più famosi sull'argomento è certamente Interceptor, che ha ispirato, oltre ai suoi seguiti (tra cui uno in preparazione a distanza di ben venticinque anni dall'ultimo capitolo) parecchia 'letteratura' del genere, compreso il celebre Hokuto no Ken di Buron Son e Tetsuo Hara. Anche il qui esaminato The book of Eli deve molto alla pellicola in questione, sebbene vada, in finale, in ben altra direzione. Ma partiamo dalla storia. Sono passati ormai trent'anni da quando Eli (Denzel Washington) si è messo in viaggio. Taciturno e all'apparenza indifeso, viaggia senza sosta e senza meta precisa verso ovest, come gli è stato chiesto dalla voce interiore che gli ha fatto scoprire, tra l'altro, il prezioso libro che porta con sé: l'ultima bibbia rimasta integra al mondo. Durante il suo pellegrinaggio, Eli incontra solo la perdizione che il misterioso olocausto di tre decadi prima ha portato con sé: un mondo in rovina dove vige la legge del più forte, e dove il nostro sopravvive solo grazie ad una consumata abilità nelle tecniche di difesa e sopravvivenza. La missione che ha intrapreso per fede sembra ancora lontana dal potersi considerare compiuta, eppure Eli raccoglie il suo fardello e va avanti, anche quando involontariamente finisce nella rete di Carnegie (Gary Oldman) che brama il testo sacro per farne uno strumento di potere. Quale sarà il destino ultimo di Eli e del suo libro? The book of Eli (barbaramente trasposto in italiano col pessimo titolo Codice Genesi) è un film assolutamente particolare. Sebbene prenda le mosse dal genere fanta-western, la componente d'azione è assolutamente asciutta rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare, e ridotta al minimo indispensabile richiesta dall'ambientazione. Tali scene, seppur avvincenti e girate sapientemente, non sono il fulcro centrale del film, come molti sarebbero portati a pensare visto anche i termini in cui il film è pubblicizzato. Chi dunque si aspetta un action movie mozzafiato rimarrà inevitabilmente deluso, nonostante la pellicola sia realizzata con grande perizia tecnica e attoriale. Washington, con pochi gesti, caratterizza perfettamente un personaggio del quale ci viene detto molto poco, ma che egualmente trasuda un grande carisma quasi mistico. Oldman, invece, rende il suo “cattivo” molto più interessante della media, caratterizzato com'è dal suo ambiguo rapporto con la cultura intesa come strumento di assoggettamento della plebe ignorante. L'ambientazione in sé non è per niente originale, riproponendo quanto già visto in altri film e serie simili, ma è ricreata alla perfezione, come abbiamo paura lo stesso nuovo Mad Max non riuscirà a fare, per un motivo o per l'altro. L'atmosfera oppressiva e opprimente della pellicola si respira quasi, con crescente angoscia man mano che i tasselli della storia compongono un puzzle che dà la giusta misura dei valori e delle verità del nuovo mondo. La tematica centrale del film, ovvero la fede e la religione, è proposta senza mezzi termini e convenzioni: è un sentimento totalizzante che può muovere tutto. Può elevare l'uomo ma anche distruggerlo, mettendolo contro i suoi stessi fratelli. Eli è un uomo di fede, un vero e proprio profeta moderno, che trae da essa tutto ciò che gli serve per andare avanti nella sua missione. Ma la fede può anche essere ingannevole, come nel modo in cui Carnegie vuole sfruttarla, da vero e proprio “oppio dei popoli”. Il genuino contrasto tra vera fede e sfruttamento della credulità delle masse è una tematica molto forte, che nel film trova ampio spazio, insieme a vari elementi allegorici di una certa portata, ma che purtroppo difficilmente possono venir colti dal pubblico medio. The book of Eli è, in ultima analisi, un film realizzato benissimo e portatore di importanti interrogativi, ma che forse i fratelli Hughes avrebbero fatto meglio a portare avanti in un contesto meno “ingannevole” di quello dell'action movie di stampo yankiee. Perché il rischio di finire incompresi e bollati come noiosi e retorici da parte di una buona fetta di pubblico e critica è tangibile, in questi casi.