Chloe, così si chiama la sensuale e perversa escort interpretata dalla bella Amanda Seyfried (Mamma Mia!) che una volta entrata nella vita degli Stewart, una coppia borghese di Toronto in piena crisi affettiva, non vorrà più andarsene, se non a caro prezzo. Julianne Moore è la splendida Catherine Stewart, medico di successo, madre ansiosa e costantemente respinta dal figlio adolescente e problematico. La sua vita apparentemente è perfetta: vive in una casa moderna e dal design milionario, ha una carriera avviata, un marito affascinante e insegnante di musica, Michael (Liam Neeson) che più passano gli anni e più diventa una preda appetitosa per giovani studentesse ammaliate dal suo charme. E proprio a causa del messaggio compromettente di una di queste studentesse e dagli atteggiamenti un po’ equivoci del marito, che in Catherine si insinua il tarlo della gelosia. Si sente vecchia, stanca, si rende conto di aver compiuto il classico errore di ogni madre devota: aver sacrificato il proprio matrimonio e la propria intimità di coppia per il bene di un figlio turbolento, che ora però si è fatto grande e ben presto prenderà il volo, lasciando dietro un vuoto ancora più grande. Ed è proprio in questo particolare momento che fa la conoscenza di Chloe. Quest'ultima è giovane, bella, ha quel fascino da Lolita che Catherine ha perso e invidia. Così decide di assumerla per sedurre suo marito, per avere la conferma o la smentita di questo atroce dubbio. Quando si accorgerà dell’errore che ha fatto sarà troppo tardi e ben presto si troverà coinvolta in un turbinio di sentimenti e sensazioni contrapposte, in una sorta di triangolo erotico e piccante che finirà per segnarla per sempre e cambiare la vita di tutta la sua famiglia. Il film di Egoyan è il remake americano di Nathalie..., film francese di Anne Fontane, dove a creare scompiglio nella vita della borghese Fanny Ardant c’è una superba e sensuale Emmanuelle Béart. Anche passando oltre l’annosa questione di quanto il cinema abbia bisogno di infiniti remake, questo film non aggiunge nulla all'originale, non trovando un sua vera collocazione: la storia non convince, l’intreccio è facile da svelare e al di là della piccante scena lesbica di una Julienne Moore sempre in grandissima forma, c’è ben poco a tenere sveglia l’attenzione dello spettatore. L’aspetto forse più originale è dato dall’ambientazione. Di lungometraggi ambientati a Toronto non ce ne sono molti e la cura dedicata alla scelta dei luoghi e alla loro predisposizione, approntata sin nei minimi dettagli (l’elegante studio medico a Yorkville, sale da té, bar, ristoranti e alberghi di lusso, fino all’abitazione degli Stewart, la Ravine House dell’architetto Drew Mandel) è un tripudio di luci, vetri e specchi da mandare in brodo di giuggiole qualsiasi amante di architectural design. Ma è proprio su questi vetri e questi specchi che l’intreccio intessuto da Egoyan si infrange, senza neanche far rumore.