
Come fu per l’agente britannico James Bond, personaggio creato da Ian Fleming negli anni cinquanta, anche Jason Bourne nasce dalla mente di uno scrittore, Robert Ludlum. Risale agli anni ottanta il thriller The Bourne Identity, primo di una serie di romanzi che narrano le vicissitudini di un ex agente segreto della Cia affetto da un amnesia totale. Adattato per lo schermo da W. Blake Herron e Tony Gilroy (che firmerà anche i capitoli successivi) il film è diretto dal poco conosciuto Doug Liman, che affida il ruolo principale ad una star del calibro di Matt Damon. Il corpo di Jason Bourne viene ripescato in mezzo al Mediterraneo da un imbarcazione di pescatori italiani. Al suo risveglio si troverà completamente privo di memoria. Non sa chi è, non sa perché si è svegliato con due pallottole conficcate nella schiena e non sa perché un codice bancario è impiantato in una delle sue gambe. Ma sono questi pochi semplici indizi che fanno muovere Jason alla scoperta di un passato dimenticato. Una volta sbarcato ad Oneglia comincerà la sua indagine che lo porterà in giro per l’Europa. A Zurigo incontrerà Marie che diventerà sua amica e complice: assieme cercheranno di ricostruire il passato di Bourne e soprattutto capire perché qualcuno lo vuole morto. Se James Bond è un uomo elegante in capi distinti, Jason Bourne è un agente in abiti casual. Già da questa distinzione si evince che siamo di fronte ad un personaggio totalmente diverso dal suo predecessore. Molto meno british style, non è un gentleman e non si tira indietro nello scontro fisico, anzi spesso lo va a cercare di proposito. Il film ha un notevole impatto visivo e gran parte del merito va a Liman che gira con una discreta tecnica puntando molto sulle scene d’azione e di inseguimento, anche per distrarre l’occhio dalla sceneggiatura che presenta più di qualche lacuna narrativa. Da sottolineare in particolare l’ottima sequenza dell’inseguimento in macchina dove i due protagonisti fuggono, anche in contromano, su di una Mini per le strade di Parigi. L’ambientazione europea è un’altra caratteristica del film, che conferisce un’aurea visiva molto più realistica rispetto ai blockbuster hollywoodiani girati in terra americana. Liman muove la macchina da presa come un segugio, e la sua preda si chiama Jason Bourne; lo segue, lo guarda e lo spia come a voler rendere partecipe anche lo spettatore della sua indagine. Ma il film non è solo un thriller, è anche un action movie che fa del dinamismo delle scene d’azione uno dei suoi punti di forza: questo anche grazie ad un montaggio molto serrato, come da buon costume per quanto riguarda i thriller americani. La visione del film è indubbiamente divertente e scorre via che è un piacere, l’unica ‘piccola’ pecca deriva dalla sceneggiatura che spesso e volentieri lascia dei vuoti che neanche la valida indagine di Bourne riesce a colmare.