Peter e Michael Spierig riprendono e mescolano idee e atmosfere tratte da altri film, su tutti Io sono leggenda, Blade e Resident Evil, per realizzare un film sui vampiri che, senza essere un capolavoro, risulta godibile, interessante e ben costruito. Siamo nel 2019. Nel mondo si è diffusa una malattia che ha trasformato il 95% della popolazione in vampiri, costringendo i pochi umani rimanenti, esponenti di una razza in via di estinzione, a fuggire e nascondersi. La drastica riduzione di umani disponibili è però un grave problema socio-economico per i vampiri che, organizzatisi in una società rimasta molto simile a quella precedente l’epidemia – fatti salvi i necessari adattamenti alla nuova realtà di esseri notturni –, rischiano di rimanere senza fonti di sostentamento. Come se questo non bastasse, la carenza di nutrimento trasforma i vampiri da esseri raziocinanti ed evoluti a mostruose creature dagli istinti animaleschi. Per risolvere il problema, la principale azienda specializzata in “coltivazione” di umani (parlare di allevamento sarebbe troppo ottimistico) è alla ricerca di un surrogato del sangue umano, capace di soddisfare il bisogno di cibo di una popolazione inconsapevolmente giunta sull’orlo della carestia. A capo del team di scienziati impegnati nella ricerca è Edward Dalton (Ethan Hawke), un vampiro che rifiuta di nutrirsi del sangue umano e che vede nel sangue artificiale anche la possibilità di salvare gli uomini dall’estinzione. L’incontro fortuito con un gruppo di umani fuggitivi lo proietterà in una serie di situazioni che condizioneranno il futuro tanto degli umani come dei vampiri, cambiandone per sempre le sorti. Il film, che vede anche Willem Dafoe e Sam Neill fra i suoi interpreti principali, è una sorta di cross-over fra un noir, un thriller, un action e uno splatter; si articola su una trama tutto sommato accattivante, seppur non originalissima, e offre una buona dose di intrattenimento. Come si diceva in apertura, il film pesca a piene mani dal repertorio dei film con protagonisti i vampiri, e non solo: le atmosfere dark e l’organizzazione della società vampira hanno tratti in comune con film come Dark City e Equilibrium e persino Matrix, mentre molti aspetti, come il tema dell’epidemia e il ruolo del protagonista, richiamano direttamente Io sono Leggenda, 28 giorni dopo e Resident Evil. Vanno poi necessariamente considerati i rimandi a George A. Romero per le scene più splatter, in cui il sangue e gli smembramenti sono generosamente distribuiti, tanto da riportare finalmente i vampiri ad una dimensione in bilico fra la cinica eleganza e la mostruosità - dopo le recenti romanticherie (The Twilight Saga) che li hanno visti protagonisti. Al di là della rielaborazione del genere, Daybreakers riesce a costruire un impianto capace di mantenere l’attenzione del pubblico con una buona miscela di adrenalina, paura e tensione, senza negarsi il gusto, molto comune nei recenti film che ipotizzano fantascientifiche distopie, di porsi come metafora delle aberrazioni della società contemporanea.