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Umano non umano

25/05/2016 11:00

Riccardo Cotumaccio

Recensione Film,

Umano non umano

Il film sperimentale del regista cresciuto a Roma, girato nel 1969, riempie con qualità il filone - poi preseguito negli anni - del cinema grande cinema d'autor

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Il film sperimentale del regista cresciuto a Roma, girato nel 1969, riempie con qualità il filone - poi preseguito negli anni - del cinema grande cinema d'autore italiano, di cui Schifano è grande protagonista. A partire dal cast, "Umano non umano" è un quadro colmo di personaggi d'eccezione: Carmelo Bene, Sandro Penna, Maurizio Calvesi, Mick Jagger e Keith Richards rappresentano se stessi nel modo più profondo e psicologico possibile. La pellicola, divisa in spezzoni, è psichedelica, spesso silenziosa, drammatica e intensa; non segue una trama ben definita ma è ugualmente capace di raffigurare l'incomunicabilità tipica dell'uomo. Esemplare la scena in cui Bene tenta di approcciare un rapporto sessuale con Alexandra Stewart, in maniera prima esasperante, poi energica e passionale. L'opera di Schifano non include dialoghi e parole, lascia all'interpretazione dello spettatore dall'inizio alla fine, stremandolo e commuovendolo come avviene nel monologo di Penna, anziano e malato, perso nella sua camera caotica tra perle poetiche e parole al vento, intento a vendere se stesso per sopravvivere. "Umano non umano" è lotta al cinema e alla società di classe, vuole essere rivoluzionare nei modi e nelle riprese (spesso di bassa qualità tecnica, quasi 'underground'). La resa spacca la storia del cinema, di cui "Umano non umano" è felicemente parte, ma rientra ferocemente in un genere di nicchia che incanta pochi e perplime i tanti. La pellicola di Schifano è come un live a Pompei dei Pink Floyd senza le note di Gilmour e Waters, ma con un lungo silenzio drammatico e sofferto, ma talvolta folle e schizofrenico (vedi la "Street Fighting Man" di un Mick Jagger in rosa). Nei 98' di trama (o per meglio dire 'sketch') c'è tutto, dal teatro al letto matrimoniale, dalla gioia al dolore, dall'entusiasmo alla noia. Le immagini abbondano e i sentimenti non mancano, nel grande flusso di coscienza che è "Umano non umano": un racconto impreziosito da tanti protagonisti, ma ben distante dal cinema come concetto attuale. Per Schifano il cinema è arte allo stato puro, e in quanto l'opera di cui è padre tale risulta comprensibile a pochi.


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