Magda è un'insegnante quarantenne, senza più lavoro e in piena crisi matrimoniale, a cui viene diagnosticato un cancro al seno. Sarà l'inizio di un travaglio fisico ed emotivo che la porterà a fare i conti con lo spettro della morte e con nuovi, inaspettati amori. Ricattatorio e strappalacrime sin dalle premesse Ma Ma – Tutto andrà bene, melodramma interamente giocato attorno alla figura centripeta di Penelope Cruz, è, purtroppo, tutto ciò che non si vorrebbe vedere in un prodotto di questo tipo: un trionfo inverosimile e consolatorio di buoni sentimenti votato alla più totale mancanza di idee e di sincerità. Sullo sfondo di una Spagna campione d'Europa (siamo nel 2012) e teatro di una delle più profonde crisi economiche della sua storia, va in scena una lotta intima e privata che ha i toni piatti e bidimensionali di una telenovela e il sentimentalismo gratificante della più sterile delle parabole sulla malattia. Pare difficile credere che un tempo Julio Medem fosse uno dei più promettenti giovani registi del cinema spagnolo. E non perché la poetica dell'autore di Gli amanti del circolo polare, oggi, sia sempre uguale a se stessa, stantia, priva di nuovi slanci o persa in derive manieristiche e autocelebrative. Ma perché di quella poetica, di quello sguardo surreale, sovrabbondante – spesso e volentieri persino grossolano e ostentato – in Ma Ma non resta alcuna traccia. Accantonati intrecci cervellotici e impossibili, voli onirici e simbolismi compiaciuti, Medem – in un'operazione a suo modo non dissimile da quanto fatto dall'Almodovar di Julieta, pur senza condividerne rigore formale e autenticità di fondo – asciuga il suo cinema, lo porta alla sua più scarna essenzialità scoprendo l'inconsistenza che vi sta dietro, la fragilità di un soggetto e di una sceneggiatura zoppicanti e poco plausibili e di personaggi dalla caratterizzazione piatta e risibile, completamente incapaci di trasmettere qualsivoglia reale emozione o qualsiasi tipo di umanità. É proprio l'empatia a essere bandita dal mondo di Magda, donna priva di dubbi e invasa da una mistica, beata serenità, determinata ad affrontare uno dei mali più terribili senza paure ne problematizzazioni di sorta. Un mondo inverosimile fatto di affetti sintetici e dialoghi intrisi di luoghi comuni, dove ogni riflessione su malattia, morte e rinascita si perde nel banale e nell'ostentazione gratuita, nel ridicolo involontario e nella fastidiosa saccenza di un personaggio mal scritto - seppur non male interpretato - e del suo autore.