A Girl walks home alone at night è il primo lungometraggio di Ana Lily Amirpour, regista, pittrice e musicista iraniana, presentato al Sundance Film Festival nel 2014. Il film è ambientato in Iran, ma è stato in realtà girato in una città petrolifera nel deserto della California, dove la regista ha potuto costruire questo suo universo fantasma. Non esistono leggi nella spettrale Bad City, fittizia cittadina popolata dalle inquietanti - e in questo caso surreali - sagome di tossici, strozzini, giocatori d’azzardo e prostitute. Tra questi, due figure sembrano essersi ritrovate lì per caso: un ragazzo, che si porta sulle spalle i debiti di gioco del vecchio padre, e un’ingenua donna-vampiro che, non sapendo gestire la sua sete di vendetta, giustizia tutti i malavitosi che incontra sul suo cammino. Tra i due si verrà a creare una strana attrazione che farà sentire entrambi protetti in un panorama sudicio e agghiacciante. A girl walks home alone at night è tutti i generi e nessuno in particolare; è qualcosa di assolutamente nuovo e, al tempo stesso, un puzzle composto da tanti tasselli cinematografici preesistenti. Il bianco e nero, il silenzio da respiro mozzato delle prime scene permette allo spettatore di percepire soltanto un’atmosfera tetra e degradata. Quella in cui, tipicamente, i cattivi prevalgono sui buoni. Ovviamente le premesse portano a immaginare che “la ragazza che torna da sola a casa di notte” sia la prossima vittima. Ma si resta altamente spiazzati quando ci si rende conto che il film ha appena acquisito toni splatter e che si sta trasformando in qualcosa di molto ma molto lontano da uno scenario reale. Da quel momento in poi, un susseguirsi di situazioni suggestive e oniriche trasportano il pubblico in una tensione degna della metropoli di Sin City e allo stesso tempo delle strade perdute e surrealiste di David Lynch. La regista fonde insieme elementi diversi tra loro: lo schermo è come una tela che si riempie uniformemente del colore che sulla tavolozza appariva scomposto. Scivola nel pulp, avvicinandosi all’horror e raggiungendo infine quella tensione da combattimento tipica dei western di Sergio Leone, al quale si è ispirata molto anche per la scelta delle tracce musicali. Tutta la colonna sonora è accuratamente studiata in modo da far emergere, in un'atmosfera in stile Morricone, le influenze musicali della realizzatrice: contaminazioni indie-rock e tanta elettronica, che contribuiscono all’intensità di alcune sequenze, ipnotizzando lo spettatore e lasciandogli il giusto tempo di riflessione. Accurata anche la scelta degli attori, dalla fisionomia tesa a rievocare determinate icone dagli anni '50 in poi, e tutta l’iconografia del Vampiro, personaggi a cui la regista dichiara di essersi assolutamente affidata. Ana Lily Amirpour dirige una parabola della solitudine in uno scenario che sembra vivere fuori dallo spazio e dal tempo: un enorme carcere, fatto di strade e palazzi, dove non si vede mai la luce del sole, ma anche dove c’è la possibilità per due anime compromesse di riconoscersi complici e allontanarsi insieme.