Presentato alla 66° edizione del Festival di Berlino, A Dragon arrives! di Mani Haghighi si apre con l’interrogatorio dell’accattivante detective Hafizi da parte della polizia di stato, che introduce il pubblico a un lungo flashback. Siamo nel 1965 e Babak Hafizi (Amir Jadidi) viene incaricato di indagare sul presunto suicidio di un esule politico, prigioniero nel golfo persico. Il detective, deciso a seppellire il corpo, viene esortato ad abbandonare l’idea dal becchino del luogo, che lo introduce alla leggenda secondo la quale un terremoto si ripropone ogni volta che qualcuno viene seppellito. Il detective, deciso a comprendere il perché del inverosimile circostanza, chiama a sé un geologo e un ingegnere del suono. I tre si ritroveranno a districarsi tra avvenimenti paranormali e simboli enigmatici, tra cui spiccano misteriosi messaggi di morte e una forza oscura e mostruosa che giace nel cuore della terra: il “drago”, metafora di un male oscuro e ancestrale che da secoli tortura il paese. Non per forza "la cultura del terremoto” rappresenta qualcosa di inverosimile. L’Iran infatti è un territorio in cui avvengono frequenti e devastanti terremoti, che qui diventano protagonisti della storia. In realtà il regista si ispira a una storia vera che risale a quindici anni prima, riguardante la misteriosa scomparsa di un tecnico del suono in una delle grotte del sud dell’Iran. Girato principalmente in esterni, tra deserti e canyon corrosi dal vento e interrotti da continue insenature e buie caverne frastagliate, A Dragon arrives! propone scenari imponenti che si distaccano abbastanza dalla sobrietà intimista tipica del cinema iraniano. I colori sono sgargianti e luminosi: predomina l’arancione della Chevrolet Impala su cui i tre si spostano continuamente. I dialoghi vivaci e ironici sembrano essere quelli tra Woody Allen e Jerry Lacy in Provaci ancora Sam. Una spy-story che si districa a colpi di mistery e noir in uno scenario poliziesco anni Settanta, che mescola l’action dei film americani con innesti poetici che ricordano il cinema francese. La linea mistery, elegantemente intrecciata, sembra inoltre ricalcare una sorta di “caccia al tesoro” alla Indiana Jones. La regia fresca e il montaggio veloce permettono al film di essere goduto sia da un pubblico adulto che da un pubblico più giovane e adolescenziale. A Dragon arrives! probabilmente costituisce una nuova strada per il cinema iraniano, la possibilità di spaziare in più direzioni. Probabilmente commerciali.