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Il Clan

02/08/2016 10:00

Eleonora Piazza

Recensione Film,

Il Clan

Leone d’Argento per la Miglior Regia alla 72° edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Il Clan è un'opera che ha sconvolto una na

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Leone d’Argento per la Miglior Regia alla 72° edizione della Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Il Clan è un'opera che ha sconvolto una nazione. Pablo Trapero dirige un film basato sulla vera storia di una famiglia, apparentemente normalissima, che nell’Argentina degli anni ’80 vive il difficile periodo di transizione scaturito dal cambio di governo. I Puccio, infatti, dalla loro dimensione privata, entrano in collisione con l’intera società, commettendo efferati crimini che, grazie ai privilegi garantiti dalla dittatura militare, rimangono impuniti fino all’arrivo della democrazia.


Il capofamiglia, Arquimedes (Guillermo Francella), si arricchisce dando con rapine e sequestri di persona, i quali finiscono drammaticamente in omicidi. In questa associazione a delinquere, l’uomo coinvolge il figlio Alejandro, aitante giocatore di football che, complice titubante, non può fare altro che assecondare la volontà del padre. Partecipa dunque ai sequestri di alcuni suoi facoltosi compagni di squadra, i quali però, avendo scoperto i mandanti, vengono giustiziati. Alejandro conosce una ragazza e decide inizialmente di andarsene via con lei ma, mentre il fratello Guillermo trova il coraggio di allontanarsi prima che sia troppo tardi, lui non riesce a sottrarsi a quel vortice di benefici carnefici di cui è composto tutto l’ingranaggio manovrato da suo padre, rimanendone egli stesso vittima. Urla e torture, provenienti dallo scantinato, echeggiano in una casa borghese a cadenza regolare, mentre in superficie il resto della famiglia, madre e figlie continuano a condurre la loro esistenza, cercando di rimanere impassibili, di non sentire.


Nonostante contenga dinamiche molto tragiche, il film è spesso giocosamente alleggerito dall’utilizzo della musica come contrappunto: spumeggiante musica rock viene inserita, infatti, nel bel mezzo di una tortura o di un sequestro. Questa ricerca di leggerezza cinematografica non vuole però sminuire la gravità dei fatti. Trapero con questo film vuole rendere giustizia a tutte le famiglie dei ragazzi sequestrati, per molto tempo costrette al silenzio e che ora hanno accolto più che volentieri la volontà di denuncia del regista. È un periodo buio della storia dell’Argentina, si parla spesso del pre e del post ma mai del durante. L’intenzione della regia era inoltre quella di descrivere un personaggio come Arquimedes Puccio che, anche una volta ottenuto l’ergastolo, non ha mai confessato la sua colpevolezza; come se non l’avvertisse o come se per lui, nell’ottica di proteggere la sua famiglia dal cambiamento, fosse tutto lecito. Un personaggio assolutamente incomprensibile, ma molto affascinante, di sicuro perfetto per essere un protagonista cinematografico.


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