Antonio (Luca Magri), trentenne di buona famiglia, è un incallito giocatore di poker: a nulla servono i suoi incontri in un centro di recupero per dipendenza da gioco e le continue sollecitazioni del padre, che lo vorrebbe alle prese con un lavoro vero e proprio. Per Antonio esistono solo le carte. Almeno fin quando non incontra la bella gallerista Dalia (Maria Celeste Sellitto), con la quale inizia una relazione ostacolata sempre dal suo patologico vizio per l'azzardo. Vizio che lo condurrà a cercare nuove sfide, con puntate più alte, che metteranno a rischio non solo la sua stabilità economica. Attore e sceneggiatore parmigiano, autore tra gli altri degli script de Il solitario (2008) e La casa nel vento dei morti (2012), Luca Magri esordisce dietro la macchina da presa con Il vincente, produzione low-budget incentrata sul mondo del gioco d'azzardo. Girato in un affascinante bianco e nero, il film cerca di elevarsi dagli standard tipici di certo cinema italiano, cadendo tuttavia in alcuni cliché che affliggono ormai da tempo immemore buona parte della cinematografia nostrana. Se il percorso introspettivo del protagonista, interpretato con efficacia dallo stesso regista, è abbastanza curato e l'evolversi della storia, seppur non certo imprevedibile, riesce a mantenere l'attenzione su livelli più che discreti (con la partita di poker finale, avvincente al punto giusto), non mancano evidenti cadute di tono in risvolti tipici da sceneggiato televisiva, tra litigi e battibecchi che, complici anche le non certo esaltanti performance del cast di supporto, snaturano parzialmente il tono cupo e vagamente noir della vicenda. Ascese e tragiche ricadute, tradimenti e voglia di riscatto caratterizzano i novanta minuti di visione, il cui budget esiguo risalta purtroppo in scelte registiche sin troppo immobili, tra inquadrature fisse e una morale, per quanto condivisibile, scontatamente "facilotta" sulle conseguenze della dipendenza da gioco, sia che questa riguardi il poker o le slot machine. Magri dimostra comunque coraggio nel proporre un qualcosa di diverso dalle solite commedie di genere, ma ciò nonostante non riesce a schivare del tutto i più elementari stereotipi.