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Love & Peace

30/08/2016 11:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Love & Peace

Una nuova perla cinematografica, dal genio Sion Sono

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Estate 2015, Tokyo. Ryoichi, timido impiegato, racchiude in sé tutte le caratteristiche di chi si potrebbe crudelmente definire "un perdente": preso in giro dai suoi colleghi di lavoro, senza amici e segretamente innamorato dell'altrettanto invisibile Terashima, le sue giornate si susseguono tutte uguali una dopo l'altra in un susseguirsi di umiliazioni. Un giorno però Ryoichi compra una tartarughina con la quale instaura un solido rapporto affettivo e, proprio all'animale (che ha chiamato Pikadon), rivela il suo più grande sogno, quello di diventare una famosissima rockstar e suonare in un gigantesco stadio di prossima costruzione. In seguito all'ennesima vergogna subito però l'uomo getta Pikadon in un gabinetto: la tartaruga sopravvive allo sciacquone e si trova a vagare per le fogne, dove viene accolta da una particolare comunità del sottosuolo gestita da un anziano vecchietto, la cui particolarità è quella di recuperare animali e giocattoli smarriti donandogli il dono della parola tramite caramelle magiche. Per errore però il vecchietto fa ingerire alla nuova arrivata una pillola in grado di esaudire i desideri, e il sogno di Pikadon è proprio quello di vedere felice il suo ormai ex padrone.


Che il genio di Sion Sono ci abbia regalato da sempre perle inusuali, ricche di un fascino al contempo magico e perverso e assai spesso sopra le righe, è ben più di un dato di fatto. Ma con una delle sue ultime fatiche, una delle sei realizzate nell'anno solare 2015, il cineasta nipponico ha superato se stesso consegnandoci una favola le cui bizzarria e peculiarità sono difficilmente eguagliabili. Giocattoli parlanti, tartarughe giganti, atmosfere natalizie e il sogno di un fallito prossimo a diventare rockstar sono solo gli elementi principali di Love & Peace, opera in cui accade tutto e il contrario di tutto, capace di flirtare con raffinato e baldanzoso equilibrio tra atmosfere romantiche, tipici istinti da commedia giapponese, coinvolgenti squarci di dolente tenerezza e addirittura ridondanti omaggi al filone kaiju eiga (le pellicole con mostri giganti il cui capostipite rimane il primo Godzilla, 1954). Non manca niente nelle due ore di visione, capaci di lanciare anche messaggi sociali sulle isterie da consumismo e di aprire risvolti melanconici sull'abbandono di oggetti o animali in un mondo assoggettato al dio denaro. Si ride e ci si commuove in questa fiaba moderna: tra effetti speciali, semplici ma riusciti sia nella gestione del numeroso gruppo di peluche e bambole col dono del movimento e della parola che nel roboante finale che si rifà appunto con nostalgica simpatia al fascino grezzo del succitato filone kaiju.


Con un incipit apparentemente a metà tra Truman Show (1998) e la trilogia di 20th Century Boys, che ben presto si dipana su strade del tutto uniche e piacevolmente weird per raccontarci questa storia di riscatto, amicizia e amore in una realtà dove il successo rischia di ingabbiare i sentimenti, il regista trova sempre soluzioni stravaganti ed appassionanti (di grandissima classe il colpo di scena riguardante la reale identità del vecchietto ubriacone) e sfrutta al meglio l'ispirata colonna sonora di ballate rock scritte per l'occasione e cantate dallo stesso protagonista Hiroki Hasegawa, alla sua seconda collaborazione con Sono dopo aver interpretato il filmmaker del magnifico Why Don't You Play in Hell (2013). Love & Peace lascia stupefatti: un'apoteosi di stramba meraviglia che emoziona e intrattiene con un'intelligenza ben nascosta dietro le atmosfere leggere, dolci e dolenti di questo viaggio alla scoperta del vero significato della felicità.


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