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La La Land

31/08/2016 10:00

Federica Cremonini

Recensione Film, Speciale San Valentino, chazelle, Emma Stone, gosling, los angeles,

La La Land

Coreografie e sogni: Emma Stone e Ryan Gosling in un musical delizioso firmato da Damien Chazelle

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Il suo percorso artistico parla chiaro: Damien Chazelle è un cinefilo che ama il jazz. Doveva essere un indizio il suo musical d’esordio, Guy and Madeleine on a Park Bench; e se si sentisse la necessità di spazzare via ogni dubbio si potrebbe (e si dovrebbe) ricordare anche Whiplash, che si portò a casa tre statuette d’oro agli Oscar 2014. Eppure c’era sempre il sogno di scrivere e girare quel musical mai fatto, e che invece poteva essere Guy and Madeleine; quel musical che, in fin dei conti, è rimasto chiuso nel cassetto per oltre cinque anni e che ora, finalmente, ha illuminato la kermesse di Venezia alla sua promettente 73esima edizione.


Mia (Emma Stone) è una barista di Los Angeles che, a tempo perso, prova a realizzare il suo sogno di diventare un’affermata attrice prendendo parte a numerosi provini e audizioni. Sebastian (Ryan Gosling) è un pianista la cui aspirazione è quella di salvare il jazz: salvarlo dalle mani di chi vorrebbe relegarlo a sottofondo musicale “che nessuno ascolta più” e, peggio, farlo diventare il jingle ideale da trasmettere a ripetizione e a basso volume negli ascensori degli uffici e nei centri commerciali. Quando s’incontreranno, tra i due nascerà una storia d’amore che li porterà a fare progetti per il futuro. Anche se non sempre le cose vanno come previsto.


La città di Los Angeles (abbreviata, non a caso, L.A.) è una cornice perfetta per rappresentare lo stato mentale di chi vive sulle nuvole, avulso dalla realtà, impegnato a inseguire sogni che fuggono sempre più veloci e sempre più lontano: luogo ideale, scintillante ma sempre opaco, fuori fuoco; per chi è combattuto fra il restare e lo spingersi più in la, per chi vorrebbe compiere un passo che vada “oltre” anche a rischio di imbattersi nella disfatta totale di ogni ambizione. La musica, indiscussa protagonista, almeno tanto quanto l’affiatata coppia composta da Emma Stone e Ryan Gosling, qui al loro terzo film insieme, è ripresa tramite dita che scivolano sui tasti di un pianoforte e che ripetono la stessa melodia finché non sembra suonare in maniera perfetta. Mani che insistono su percussioni (vi ricorda qualcosa?), passi e coreografie studiate nel minimo dettaglio e, probabilmente, ripetute mille volte, a fronte dei numerosissimi e impossibili piani sequenza che mozzano il fiato: a partire dalla prima scena nel traffico di automobili bloccate su una rovente strada della città. Parte di tutto questo ricorda la cifra stilistica di Whiplash che, nel voler rappresentare il rapporto masochistico a tre fra un maestro, un allievo e uno strumento, aveva fatto emergere il lato di un autore alla ricerca ossessiva di una perfezione tecnica che in La La Land certamente non viene soppressa, ma confinata a semplice mezzo.


A straripare in ogni fotogramma è, stavolta, un sentimento d’amore percepito come forza centrifuga, che si dirama in più direzioni e funge da motore necessario per toccare un sogno, per la musica, per il cinema, per l’arte. E laddove questa forza latita, semplicemente, c’è l’autunno, la caduta di tutto (“fall”, come uno dei quattro titoli del film, ripartito secondo le stagioni dell’anno, suggerisce). Si tratta di un sentimento leggero ma totalizzante, di un’evasione dallo sconforto e dalla disillusione che assume preziosissimo valore quando può essere condivisa con qualcuno. Tutto La La Land oscilla tra cambi di idea, cambiamenti di programmi, bivi, parole che cambiano la vita propria e quella altrui, senza che il discorso si sovraccarichi mai. È davvero difficile affermare che Mia non possa raffigurare lo specchio riflesso di uno Chazelle – senza privarci della possibilità di estendere il discorso a chiunque - avviluppato dalle insicurezze, dalle sfiducie, dalle perplessità che sgorgano da ogni minuscola decisione nel quotidiano, e che Sebastian non possa in alcun modo rappresentare un suo desiderio di evasione dal prestabilito e dalle soporifere sicurezze che nascono dall’abitudine, e che non ricorra a un equilibrio fra le due parti per trovare la sua felicità. Quella felicità che, infatti, i due trovano non nella relazione, non nel compromesso nella vita reale, bensì in quella La La Land intima ed esclusiva, altrove, che può cancellare il valore di ogni rimpianto. Perché la vita è già difficile così com’è. Una nota di merito va all’impeccabile comparto tecnico dei costumi, delle coreografie, delle scenografie, della musica. E agli attori stessi, che offrono grandiose prove attoriali e non si risparmiano nemmeno per quanto riguarda quella canora, che fanno di La La Land un musical che rievoca il passato per influenzare il futuro.


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